Corriere del Mezzogiorno del 14 giugno 2022, pp. 1, 9
di Fabio Modesti
Scrive sul suo profilo Instagram il National Park Service, l’agenzia federale statunitense che presiede al sistema dei parchi nazionali americani e che fa capo al Ministero dell’Interno USA, che «la vita selvatica nei parchi nazionali è tale e può essere pericolosa quando viene avvicinata. […] Quando un animale è vicino a campeggi, sentieri, attraversamenti, parcheggi o aree antropizzate, dategli spazio. Tutti noi abbiamo bisogno di un po’ di spazio. Se possibile, girate al largo e fate un altro percorso per evitare l’interazione con l’animale selvatico a distanza ravvicinata». Parole di buon senso, secondo antichi insegnamenti, ripetute dopo che una turista è stata caricata da un bisonte nel parco nazionale di Yellowstone il 30 maggio scorso per essersi avvicinata a tre metri dall’animale. Ormai anche negli USA il turismo sembra essere sempre più invadente, ineducato, allergico a qualsiasi regola e restrizione. Dopo la stagione del Covid-19, si dice, è giusto che vi sia ripresa dei viaggi e del turismo. Sì, ma a quali costi? Nel caso pugliese, con 800 chilometri di costa, il litorale non interessato da bagnanti in barca, in auto o in moto è praticamente pari allo zero per cento. Le aree costiere aperte sono quasi tutte chiuse perché date in concessione, divenute parcheggi oppure sterilizzate mediante fuoco e fiamme. Quale turismo o quali turismi ci aspettano? Non v’è dubbio che, al singolare oppure al plurale, si tratta di movimenti di persone che producono molta ma molta CO2, alla faccia dei proclami contro i cambiamenti climatici e per la decarbonizzazione. Il turismo che fa alzare il PIL e può rimettere in sesto economie colpite dalla pandemia è così, inutile avere gli occhi foderati di prosciutto. A meno che non si vogliano approcciare politiche di contenimento numerico e di contingentamento nei tempi e nei modi con tutto quel che ne consegue. La destagionalizzazione potrebbe essere d’ausilio ma i tempi del turismo qui da noi sono sempre legati al mare. E se, inoltre, si propone sempre la costa nella comunicazione e nel marketing, è difficile spostare nel tempo i flussi per destinazioni anche interne. Resta il fatto che i 2 milioni di arrivi previsti e le 10,6 milioni di presenze stimate per quest’estate invaderanno soprattutto la costa pugliese con richiesta di energia, di acqua e di spazio. Ancora una volta, quindi, sarebbe utile “decarbonizzarsi” dalla facile ecolalìa della “sostenibilità ambientale” a tutto spiano per ricordare che il turismo nel suo complesso, dal viaggio aereo fino al souvenir, è responsabile di più di un decimo delle emissioni mondiali di gas serra e che l’impronta di carbonio del turismo globale è pari almeno a 4,5 miliardi tonnellate di CO2. Come si suol dire, l’importante è saperlo anche per misurare gli annunci pro sostenibilità ambientale che saranno pronunciati in occasione delle campagne elettorali che si susseguiranno e per valutare l’inazione per la protezione di paesaggio e natura dati in pasto ai turisti che fanno alzare il PIL.