Corriere del Mezzogiorno – Puglia del 13 gennaio 2024, pag. 1
di Fabio Modesti
Scriveva esattamente quaranta anni fa Vittorio Chiaia, uno dei maestri dell’architettura pugliese ed italiana, che la stazione ferroviaria di Bari lasciata lì dov’è è stato il più grande tradimento del piano regolatore Quaroni (variante generale al PRG) approvata dieci anni prima. Quella “variante” prevedeva lo spostamento della ferrovia e Chiaia si batteva per la realizzazione della stazione di testa a San Giorgio, a sud della città. Bari senza una stazione di testa, diceva, è sostanzialmente una città ostaggio delle ferrovie. Da allora, zero progressi. Dieci anni fa, però, fu presentato un “grande” progetto di bosco urbano di 70 ettari su una piattaforma di acciaio alta 18 metri per 3 chilometri di lunghezza, firmato dai coniugi Fuksas vincitori del concorso di idee “Baricentrale”. Quel progettone si è ora ridotto ad una “piastra” sopraelevata con «nuovo Hub per la riconnessione urbana e la mobilità sostenibile, nuovo parco urbano con 200 alberi ad alto fusto (?) e rinnovamento delle aree esterne». Il tutto per il costo di 100 milioni di euro finanziato dal PNRR dal quale, in realtà, potrebbe essere stralciato per trovare copertura finanziaria in altro modo. Intanto, la gara per la progettazione esecutiva bandita da Rfi è andata deserta. Il nuovo termine per presentare offerte è il 19 gennaio. Ma con quei 100 milioni di euro sarebbe stato possibile realizzare interventi puntuali di effettiva rigenerazione urbana: pedonalizzazioni, servizi al cittadino ed aree verdi (non certo come il “parco Rossani”, concentrato di asfalto ed in preda alla criminalità comune). La nuova piastra dovrebbe superare la ferrovia con un sovrapasso pedonale che dalla Rossani va a Piazza Aldo Moro; ma sarebbe bastato che uno dei sottopassi attuali fosse prolungato sotto l’estramurale Capruzzi per raggiungere la Rossani o semplicemente il marciapiedi di fronte con spesa irrisoria. Inoltre, la piastra verrebbe considerata area per servizi continuando così a consumare aree per standard urbanistici, oltre quelle già occupate da residenze, che non è possibile reperire altrove. Ora la ricucitura delle due parti di Bari divise dal fiume di ferro, diventa sempre più difficile. Il dinamismo dell’amministrazione comunale sembra paradossalmente tradursi in un immobilismo di fatto in cui, senza una visione complessiva di ridisegno della città, tutto resta gattopardianamente com’è. Parafrasando Fabrizio De Andrè, ad alcuni quartieri il «buon Dio non dà i suoi raggi» restando entità dimenticate ed a sé stanti perché «ha già troppi impegni per scaldare gente d’altri paraggi».