Tremiti: biodiversità subacquea mozzafiato

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Nell’arcipelago itinerari subacquei accompagnati dal National Geographic Explorer Giovanni Chimienti. Un mondo di sotto straordinario ed uno di sopra che non è da meno. Natura e storia che si perdono nella notte dei tempi per l’area marina protetta garganica (la Repubblica – Bari 03 luglio 2020)

Fondali alle Tremiti (Foto Flavio Oliva)

e Diomede sia stato veramente fortunato ad approdare nel paradiso delle Isole Tremiti, lo può dire soltanto chi visita questo paradiso. Area marina protetta con il parco nazionale del Gargano, il piccolo arcipelago formato da San Domino, San Nicola e La Caprara, vorremmo restasse rispettato e bello come ancora appare, a 90 minuti di distanza dal mitico promontorio garganico. La tomba di Diomede, re degli Etoli e vincitore a Troia, è stata ricavata in un grande masso al centro della necropoli presente sull’isola di San Nicola. La storia delle Tremiti, quindi, si perde nella notte dei tempi. San Nicola è indubbiamente, delle tre isole, quella più ricca di reperti e di testimonianze del passato. Qui Carlo Magno avrebbe inviato in esilio Paolo Diacono, autore della Historia Longobardorum, e qui fu fondata l’Abbazia di Santa Maria al Mare per opera di un eremita che, secondo la leggenda, fu guidato sull’isola dalle apparizioni della Vergine. L’arrivo fu coronato dal ritrovamento di un tesoro con il quale l’eremita edificò un tempio. I benedettini di Monte Cassino poi edificarono l’Abbazia, tuttora uno dei monumenti più enigmatici della Puglia medievale. Nel XV secolo furono rafforzate le mura difensive che ancora oggi cingono San Nicola. Dopo aver esteso la sua influenza anche sulla terraferma, l’Abbazia di Santa Maria al Mare, vide iniziare il suo decadimento fino alla sua soppressione e trasformazione, da parte di Ferdinando II, nel grande imponente penitenziario.

Fioritura di elicriso alle Tremiti (Foto Antonio Sigismondi)

Dal vino di Bertaux alla foca monaca

Il francese Emile Bertaux nel suo “L’Italia sconosciuta (Viaggio nell’antico Regno di Napoli)”, arrivato a fine del XIX secolo nell’arcipelago, trovò nell’isola di San Domino vigne «da cui i benedettini ricavavano un ottimo vino che serve ancora per la messa del buon prete dell’isola accanto e di cui posso, a ragion veduta, vantare il profumo e il ‘bouquet’». Oggi vino non se ne produce alle Tremiti, se non piccolissime quantità per uso familiare. Vale quindi la pena organizzarsi per escursioni non “terragne” ma marine, anzi, sottomarine con la speranza anche di vedere un raro esemplare di foca monaca da poco tornata in queste acque. Ci accompagna Giovanni Chimienti, giovane e valente biologo marino barese, National Geographic Explorer lo scorso anno e protagonista dello splendido documentario “Il tesoro nascosto delle Isole Tremiti”. Il tesoro è una ‘foresta’ di corallo nero, unica nel Mediterraneo, difficile da osservare se non si è subacquei professionisti per la profondità da raggiungere (almeno 60 metri). Il consiglio è di rivolgersi ai vari diving presenti alle Tremiti (come, ad esempio, Marlin Tremiti +39 336 829746 – info@marlintremiti.it) per programmare escursioni in sicurezza. E ce n’è per tutti i gusti e per tutte le capacità.

Sott’acqua per tutti i gusti

Alle profondità da 1 a 10 metri nei fondali di San Domino si può visitare la Grotta delle Viole, semi-sommersa con pareti ricche di organismi marini come alghe rosse, margherite di mare, spugne e briozoi. Numerosi banchi di occhiate si aggirano all’ingresso, regalando un suggestivo saluto al visitatore. La grotta è visitabile a bordo di imbarcazioni idonee, in canoa o in snorkeling. A circa 14 metri di profondità davanti all’isola di Capraia è possibile osservare la statua di Padre Pio alta 3 metri, posizionata su un fondale sabbioso. Nelle vicinanze, il fondale roccioso poco profondo, è visitabile in snorkeling e in canoa. In alcune giornate la statua può essere vista già dalla superficie. A maggiore profondità (18-25 metri) nelle acque di Capraia, è possibile soffermarsi sul Pianoro delle cernie con fondale caratterizzato da grandi massi in cui è frequente incontrare cernie brune, ma anche corvine, dentici, saraghi e banchi di pesci che talvolta attirano barracuda, ricciole, e tonni. Il sito di immersione è visitabile con un brevetto di primo livello (nella parte superiore) o con uno di secondo livello. Nelle acque di un arcipelago non può mancare un relitto antico. Nel nostro caso, davanti al Cretaccio, ad una profondità di circa 33 metri, è possibile osservare il “Relitto delle piastre” risalente alla fine del XVIII secolo con diversi reperti, sette grandi ancore e un carico composto da migliaia di piastre in lega di metallo la cui funzione è ad oggi sconosciuta. Nei dintorni, una secca ricca di anfratti dove è possibile osservare murene, gronghi e scorfani. Il sito di immersione è visitabile con un brevetto di secondo livello. Ed infine, per i sub più preparati, davanti a San Domino, tra i 35 ed i 60 metri di profondità, si trova “Punto 55”. Una secca suggestiva e pullulante di vita marina, caratterizzata da un giardino di gorgonie e da colonie di falso corallo nero parassita delle gorgonie.

Colonia di corallo nero Anthipatella subpinnata (Foto Flavio Oliva)

Nella foresta di coralli neri

A circa 60 metri di profondità, come abbiamo detto, sono presenti alcune delle 800 colonie di corallo nero. Il sito di immersione è visitabile con un brevetto di secondo livello e, nella parte più profonda, con un brevetto tecnico. Giovanni Chimienti, che ci ha guidati fin qui, non smette di ricordare come «proteggere questi ambienti vuol dire proteggere tutta la biodiversità associata, sia quella che conosciamo sia quella che ancora non conosciamo. Trovo affascinanti i coralli neri anche perché sono tra gli animali più longevi del pianeta: nel Mediterraneo è stata ritrovata una colonia di corallo di oltre 2100 anni. I coralli neri hanno ritmi di crescita estremamente lenti che li rendono fragili. È davvero importante la salvaguardia di questi habitat antichi e preziosissimi». Spiega anche che «il corallo nero è bianco sott’acqua. Il colore nero è dovuto allo scheletro del corallo: è nero per la proteina antipatina che, rendendolo duro e allo stesso tempo elastico, evita a queste strutture di spezzarsi».

Fabio Modesti

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