Transumanza patrimonio dell’umanità?

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Ha senso, oggi, il riconoscimento Unesco? Forse no. Ecco perché.

 

L’ANSA ha battuto un take nel pomeriggio di oggi secondo il quale ‘la transumanza’ è candidata a diventare patrimonio culturale immateriale dell’umanità Unesco.

 © ANSA

La richiesta è stata presentata ufficialmente a Parigi dall’Italia, Paese capofila insieme a Grecia e Austria. Lo fa sapere il Ministero delle Politiche agricole. Con la firma del dossier di candidatura transnazionale è stato avviato quindi il processo di valutazione internazionale che porterà alla decisione, da parte del Comitato di governo UNESCO, nel novembre 2019.

Ora, però, alcune domande sono d’obbligo. La prima: a parte il fatto che tutto è fuorché “patrimonio immateriale”, la transumanza è una delle più antiche testimonianze del rapporto tra esseri umani ed animali allevati e costituisce da sempre patrimonio dell’umanità. Un riconoscimento formale a che cosa porterebbe? Non alla sua preservazione poiché essa dipende dalle dinamiche economiche, sanitarie ed ambientali che fanno sì che lo spostamento di uomini ed animali si perpetui, diminuisca o venga abbandonato indipendentemente dall’UNESCO. Questo perché la transumanza non prescinde dagli esseri umani e dagli animali ma è tutt’uno con essi.

La seconda: il riconoscimento della transumanza quale patrimonio dell’umanità rischia di rendere una pratica zootecnica e quindi economica una specie di manifestazione folkloristica? Riteniamo di sì ed è un rischio tutt’altro che remoto. 

Se si vuole salvaguardare veramente la transumanza, bisogna incentivare l’economia zootecnica delle aree interne, il pascolo brado, la sanità degli animali e consentire lo sbocco sul mercato dei relativi prodotti, veri e propri “servizi ecosistemici” dei quali noi cittadini ne godiamo gi effetti. 

Risultati immagini per transumanza alta murgiaBisogna consentire il riuso dei manufatti legati alla transumanza, jazzi, poste, tratturi e tratturelli non tanto per un turismo che, comunque, non approfondirà nulla del senso antropologico ed umano delle “migrazioni” dannunziane, quanto per un riavvicinamento dell’economia agro-zootecnica al territorio di appartenenza. 

 

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