Corriere del Mezzogiorno – Puglia del 07 luglio 2022, pp. 1, 10
di Fabio Modesti
Dal nodo ferroviario di Bari a quello gordiano del produrre provvedimenti amministrativi che reggano all’urto della magistratura competente. Se il Tar Bari ha ordinato alla Regione Puglia di riesaminare il procedimento che ha portato all’autorizzazione paesaggistica in deroga per la variante alla tratta ferroviaria che dovrà liberare in parte il capoluogo di regione dal “fiume di ferro” che lo strozza da un secolo e mezzo, sospendendone l’efficacia, è perché quel provvedimento ha delle lacune. E sono lacune rilevanti, che riguardano un po’ le basi dei processi valutativi in campo ambientale e paesaggistico. Ossia, la valutazione espressa e ragionata delle possibili alternative localizzative e realizzative di un intervento infrastrutturale. La terza sezione del Tar Bari, presieduta da Orazio Ciliberti che ha anche un passato di amministratore pubblico e che quindi queste situazioni le comprende fin troppo bene, ha ordinato alla Regione Puglia entro il 10 ottobre prossimo «in ogni caso di selezionare il progetto idoneo meno impattante da un punto di vista ambientale e paesaggistico» perché il provvedimento regionale del febbraio 2022 «non motiva dettagliatamente in ordine a specifiche “alternative localizzative e/o progettuali” come imposto dal citato art. 95 delle NTA del PPTR pugliese, alternative (in particolare la variante originaria denominata 3SF) che sembrerebbero essere emerse nel corso del procedimento […], rispetto alle quali non vi è una specifica presa di posizione negli atti difensivi della Regione Puglia e di RFI». E, come si sa, un provvedimento non o mal motivato può essere oggetto di censura da parte dei giudici amministrativi i quali, però, non possono entrare nel merito delle questioni. Se nel corso del procedimento complesso sono emerse alternative localizzative e realizzative, la pubblica amministrazione è obbligata a spiegare perché non le ritiene valide al fine di determinare minori impatti sul territorio. Tutto qui. A nulla valgono le vesti stracciate di chi ideologicamente afferma che le scelte sono state fatte e che dopo venti anni non si può rimettere tutto in discussione. Si può perché, evidentemente, alcune scelte non sono state fatte bene e secondo le regole del procedimento amministrativo e delle valutazioni ambientali e paesaggistiche. Questo è un problema che i progetti selezionati per il finanziamento del PNRR si portano per gran parte dietro e l’abbiamo anche rilevato in passato su questo giornale. Progetti che anno decine d’anni, a volte tirati fuori da cassetti impolverati, vanno incontro a situazioni come quella evidenziata dal Tar Bari. E già vi sono casi analoghi. Ecco perché il PNRR aveva bisogno di essere valutato per il suo impatto ambientale strategico a monte, proprio per evitare di ritrovarsi a valle in circostanze come questa. Ma si è preferito aggirare le norme nazionali ed europee sulle valutazioni ambientali per fretta ed anche per un po’ di spocchia. Ma la fretta, si sa, fa i figli ciechi…