Dopo il disboscamento di quel che resta della Selva di Gravina in Puglia, in provincia di Bari, per mettere in sicurezza la diga di Saglioccia, nella stessa area arrivano progetti di impianti industriali eolici. Nessuna valutazione di impatto cumulativo e la biodiversità va a farsi benedire
In copertina, quel che resto della Selva di Gravina in Puglia (Bari) e che sarà oggetto di un pesante intervento di disboscamento – fonte Google Earth (immagine del 20 luglio 2018)
di Fabio Modesti
Che cos’altro deve accadere a quella parte più interna della Puglia centrale, quell’”osso” di cui parlava Manlio Rossi Doria, per farla divenire territorio del nulla, un vuoto riempito di negazioni del paesaggio e della propria storia? Accade che il pensiero dominante delle energie rinnovabili che “salveranno il Pianeta” colpisce con sempre maggiore forza. È il caso del territorio tra Gravina in Puglia ed Altamura, la cosiddetta “pre Murgia”, la parte in cui terreni alluvionali e profondi hanno conservato lembi di naturalità straordinari e consentito un’agricoltura non povera. Ma ora è diverso. Ai campi di cereali si sostituiscono centinaia di torri eoliche alte 250 metri e centinaia di ettari di specchi fotovoltaici. Nel territorio di Gravina in Puglia (Bari) denominato “Selva” dovrebbero sorgere per ora 6 torri eoliche alte 250 metri (comprese le pale) che dovrebbero produrre energia elettrica con una potenza complessiva di 39,6 MW. Ma sappiamo che questi impianti hanno un’efficienza talmente ridotta (causa condizioni meteo e sovraccarichi di rete) che l’energia effettivamente prodotta sarà sì e no il 5-6% della potenza nominale.
Il disboscamento della Selva e le torri eoliche
Attualmente il progetto eolico della WPD Silvium è in fase di valutazione di impatto ambientale (VIA) al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. Le 6 torri previste andranno ad interagire con l’intervento di messa in sicurezza e rifunzionalizzazione della diga di Saglioccia, di cui ci siamo occupati qui, che, tra l’altro, prevede il disboscamento di una superficie di 14,5 ettari. Un disboscamento di grande impatto ambientale così come rilevato da alcune associazioni protezionistiche tra cui LIPU ed Altura in un documento del 16 luglio scorso indirizzato al Ministero dell’Ambiente, al Presidente della Regione Puglia ed al Consorzio di Bonifica Terre d’Apulia, stazione appaltante dell’intervento. «Progettata circa 50 anni fa – scrivono le associazioni -, la predetta opera non è mai entrata in funzione ne è chiaro se mai entrerà in funzione, né come e quanto potrà riempirsi, cosi come si rileva dalla successione delle ortofoto […] tratte da Google Earth, che mostrano come dal 2006 la superficie allagata nel bacino idrico sia ridottissima, addirittura inesistente negli anni dal 2014 al 2023». Secondo le associazioni l’autorizzazione paesaggistica in deroga al Piano paesaggistico (Pptr) rilasciata dalla Regione per l’intervento sulla diga di Saglioccia, arrecherebbe non solo il danno della perdita del bosco ma anche la perdita di altri contesti paesaggistici tutelati come le superfici a pascolo naturale e le aree di rispetto del bosco che sarebbero impegnate dall’intervento di imboschimento di 36,25 ettari a compensazione del disboscamento. Come abbiamo già scritto, un bosco futuribile a fronte della perdita secca di un ecosistema efficiente. Il bosco da eliminare, sostengono le associazioni, «è un habitat di Interesse Comunitario in particolare quello delle Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba cod. 92A0; sono inoltre presenti e nidificanti molte specie di fauna di interesse comunitario, quali nibbio bruno (Milvus migrans) e nibbio reale (Milvus milvus), molto rare nell’ambito geografico».
Il cumulo di impatti ed il cumulo di soldi
Ma neanche il documento delle associazioni protezionistiche sulla diga di Saglioccia affronta il problema del cumulo di impatti che sarebbe determinato dall’intervento sulla diga e da quello dell’impianto eolico. Peraltro il progetto di messa in sicurezza dell’invaso di Saglioccia, dell’importo di 5 milioni di euro, è finanziato dal PNRR e quindi sottoposto al principio di non dover arrecare significativi danni all’ambiente ed alla biodiversità, imposto dal Regolamento europeo sull’uso delle risorse del Next Generation EU. Un principio che prevede un’attenta analisi degli impatti, oltre le procedure di valutazione ambientale, che in questo caso non sembra essere stata effettuata, men che meno in relazione al progetto dell’impianto eolico della WPD Silvium.