(dal Corriere del Mezzogiorno del 03 agosto 2019)
Uno spettro pare aggirarsi per i palazzi della Regione Puglia e del Comune di Polignano a Mare: quello di Punta Perotti adattato, però, alla vicenda di Costa Ripagnola. Lo spettro viene evocato da Lello Parise, sul Corriere del Mezzogiorno di ieri, senza se e senza ma. Eppure Parise avrebbe dovuto chiedersi se effettivamente il copione di Punta Perotti può essere copiato ed incollato alla vicenda di Costa Ripagnola. Rispondiamo che non può esserlo. In primo luogo perché nel caso di Punta Perotti gli occhi hanno visto quel che stava accadendo solo dopo che i due palazzi erano stati già eretti a pochi metri dalla sede della Procura della Repubblica. In ritardo, troppo in ritardo. E questo ha più che sensibilmente condizionato le scelte ed i provvedimenti successivi. In secondo luogo, perché nel caso dell’”ecomostro” barese lo strumento urbanistico consentiva senza dubbio la realizzazione dei palazzi ma quell’area era a distanza inferiore ai 300 metri dalla costa ed era dubbia la sua caratterizzazione quale “territorio edificato”. In terzo ed ultimo luogo, perché la Pubblica Amministrazione (nel suo complesso) in quel caso non è stata mai chiamata ad esercitare per tempo la sacrosanta funzione di correzione dei propri “errori” procedimentali attraverso l’attività di autotutela previsto dalle norme sul procedimento amministrativo. E così, in quel caso, la Magistratura Penale è stata chiamata a supplire alle inerzie della politica e della dirigenza amministrativa. Un caso di supplenza tra i peggiori tanto che la CEDU ha ristabilito le regole del diritto per cui non ci può essere reato senza persone condannate per averlo commesso e non si può confiscare un bene in tale situazione.
Nel caso di Costa Ripagnola, invece, siamo sì in presenza di titoli abilitativi esecutivi rilasciati alla ditta SERIM per realizzare il proprio progetto ma non siamo in presenza delle realizzazioni fisiche del progetto stesso. Gli occhi delle associazioni, dei comitati organizzati e spontanei e dei cittadini comuni si sono aperti ben per tempo, due anni fa. Quelli del “Comitato I Pastori della costa – Parco subito”, prima di quelli di tutti gli altri. Ed è cominciata un’assidua, costante e coinvolgente campagna per fermare lo snaturamento di Costa Ripagnola e per l’istituzione del Parco Naturale Regionale dopo oltre 20 anni di attesa. La Pubblica Amministrazione (sempre nel suo complesso intesa), in questo caso è ben avvertita degli “errori” commessi, tanto che sono messi ben in evidenza dall’ormai famosa relazione della Direttrice del Dipartimento Qualità urbana, Ecologia e Paesaggio della Regione Puglia. La quale, ovviamente e doverosamente, avverte che un eventuale atto in autotutela da parte dell’Amministrazione regionale «esporrebbe inevitabilmente l’Amministrazione regionale ad un contenzioso il cui esito è ontologicamente incerto». Appunto, come “ontologicamente” qualsiasi contenzioso reca in sé l’alea del giudizio.
Nel caso di Costa Ripagnola, quindi, l’amministrazione regionale e quella comunale di Polignano a Mare sono ancora in tempo per porre rimedio ad una serie di “pecche” amministrative ormai ben evidenziate. Possono assumere una sorta di “pillola del giorno dopo” per evitare la nascita di un nuovo ecomostro. Le responsabilità sono, forse e per ora, solo amministrative. Se invece la politica e la dirigenza amministrativa pugliese delegassero ancora una volta all’Autorità Giudiziaria la risoluzione di una questione tutto sommato ancora risolvibile per il superiore interesse pubblico della tutela degli ecosistemi e del paesaggio, vorrà dire che la Puglia ha le speranze di risollevarsi veramente ridotte al lumicino.