Pecore, capre e vacche contro la desertificazione – 1

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Il pascolamento degli animali è «la nostra ultima speranza» per invertire il “cancro” della desertificazione, afferma l’ecologista Allan Savory, la cui organizzazione sta attualmente ripristinando quasi 40 milioni di ettari di pascolo in tutto il mondo.

 

Due terzi dei suoli sulla Terra sono ora deserti o in procinto di diventare deserti, secondo l’ecologista e ambientalista di fama mondiale Allan Savory.
Se conosci qualcosa dei deserti, sai che non è una buona notizia, perché né gli esseri umani né molte altre specie riescono a sopravvivere molto bene in questi luoghi.

Savory dice che l’umanità non ha mai capito le cause della desertificazione, responsabile del crollo di molte civiltà e che ora ci minaccia a livello globale. Ma il fatto che sia iniziata circa 10.000 anni fa ed abbia subito un’accelerazione drammatica negli ultimi 200, secondo Savory ci dà un indizio.Anche l’agricoltura fece il suo debutto sul pianeta circa 10.000 anni fa e l’agricoltura industriale iniziò circa 200 anni fa.

La combinazione di desertificazione, popolazione umana in crescita esponenziale e cambiamento climatico lascia l’umanità di fronte ad una tempesta perfetta di proporzioni apocalittiche, afferma Savory nel suo The Grazing Revolution: A Radical Plan to Save the Earth.

Ma non preoccupiamoci, dice Savory: vacche, bufali, pecore, capre e altri animali al pascolo possono salvarci… se gli è permesso di pascolare come facevano prima di essere addomesticati.

Si dice che la desertificazione stia avvenendo solo nelle aree aride del mondo, afferma Savory. «Ma se guardi il terreno di gran parte delle restanti praterie, vedrai che è nudo e coperto da una crosta di alghe, che porta ad un aumento di deflusso e di evaporazione dell’acquaQuando danneggiamo il suolo, rilasciamo carbonio nell’atmosfera», dice.

 

Il bestiame: il problema e la soluzione.

Savory è cresciuto in Africa amando la natura e odiando il bestiame perché gli è stato insegnato che esso distruggeva le praterie. Ma quando si è trasferito negli Stati Uniti, anni dopo, è rimasto scioccato nello scoprire i Parchi Nazionali con desertificazione in atto «tanto pesantemente quanto in Africa», ​eppure nei Parchi non è stato permesso il pascolamento del bestiame per oltre 70 anni. Ha esaminato tutti i progetti in cui al bestiame non era consentito l’uso delle praterie perché era necessario fermare la desertificazione ed ha scoperto che si era ottenuto l’effetto opposto:

I ricercatori che si occupano dei cambiamenti climatici hanno attribuito il cambiamento a “processi sconosciuti”. Alla fine, Savory arrivò a comprendere che non era il pascolo degli animali a rappresentare il problema, ma il modo in cui pascolavano.

Dagli albori della domesticazione, il bestiame ha sovrapascolato un’area dopo l’altra, a causa degli agricoltori sedentari che raramente permettono loro di spostarsi. E negli ultimi 50 anni, “ambientalisti ben intenzionati” hanno solo peggiorato il problema rimuovendo completamente gli animali da pascolo dalle “aree protette”. Il sovrapascolamento è distruttivo, ma il mancato pascolamento lo può essere altrettanto, secondo Savory.

Quello che non abbiamo capito, dice Savory, è che le praterie furono create, nel corso di milioni di anni, da grandi mandrie di animali al pascolo. Hanno viaggiato in grandi branchi per proteggersi dai predatori. La differenza tra le grandi mandrie di pascolatori selvatici e il bestiame degli allevamenti di oggi è che i primi erano costantemente in movimento. «Grandi mandrie distribuiscono letame ed urina su tutto il loro cibo, quindi devono continuare a muoversi». Secondo Savory, è stato il movimento a creare il perfetto equilibrio di pascolamento per sviluppare le praterie. In breve, «quando si tolgono i pascolatori dalla terra e li si rinchiudono in vasti allevamenti, la terra muore», ha detto il principe Carlo, riassumendo ciò che aveva appreso dalla ricerca di Savory nel suo discorso del 2012 all’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN).

Laddove gli animali da pascolo sono stati rimossi, i governi hanno fatto ricorso all’incendio delle praterie nel disperato tentativo di rigenerarle. Savory dice che questo processo lascia il terreno nudo, rilascia carbonio e crea un devastante inquinamento atmosferico. «In Africa stiamo bruciando, ogni anno, più di un miliardo di ettari di prati» – dice – «e quasi nessuno ne parla».

Savory ritiene che la desertificazione contribuisca maggiormente ai cambiamenti climatici rispetto ai combustibili fossili. Ed aggiunge che, se continua così, non saremo in grado di fermare i cambiamenti climatici anche dopo aver eliminato l’uso di combustibili fossili. «Solo il bestiame può salvarci», dice.

Poiché gli animali selvatici al pascolo sono stati per lo più eliminati dal pianeta, Savory dice che c’è una sola opzione per l’umanità: «Usare il bestiame, raggruppato e in movimento, come facevano in precedenza le mandrie contro i predatori, e imitare la natura. Non c’è altra alternativa all’umanità».

Il Savory Institute è in procinto di ripristinare quasi 40 milioni di ettari di prati in 5 Continenti, facendo proprio questo:

L’Istituto ha invertito il processo di desertificazione nello Zimbabwe aumentando il bestiame e le capre del 400% e integrandole con elefanti, bufali e giraffe, con questo risultato:

Se applicassimo questo metodo di pascolamento anche a metà dei pascoli del mondo, secondo Savory potremmo catturare abbastanza carbonio dall’atmosfera per riportarci ai livelli pre-industriali di CO2, e nutriremmo molte più persone di quante ne siamo attualmente capaci.

Il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA) e la Society for Range Management (SRM) hanno pubblicato una serie di studi per confutare i metodi di Savory, concludendo che i sistemi di pascolo rotazionale trovavano “pochi, se non nessuno, consistenti benefici sul pascolo continuo”.

Il Savory Institute ha pubblicato il proprio portfolio di studi indipendenti in risposta ai suoi critici, fornendo in sostanza prove moderne sulla positività dell’imitazione del pascolamento con cui la mega-fauna ha agito per milioni di anni.

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