Il Tar di Lecce ricostruisce una storia di dirompente offesa al paesaggio ed all’ambiente del litorale di Gallipoli e di connivenza tra autorità pubbliche e interessi privati
In copertina, scorcio di un canale di bonifica in zona umida nel parco regionale di Isola di S. Andrea e litorale di Punta Pizzo – foto ©Maurizio Manna
di Fabio Modesti
Gallipoli, punta di diamante del circuito turistico. Di quel turismo mordi e fuggi, tutto spiagge, affitti in nero, sballo e annessa violenza che ormai marcano sempre più le stagioni estive nella “città bella” del Salento. Un ruolo che Gallipoli, certo, si è anche cercata ma che ora sta determinando rigetto nei cittadini. Nei decenni, a partire dagli anni ’90 del secolo scorso, in quella parte di Salento si è abbattuta una vera e propria furia devastatrice del paesaggio appena mitigata dall’istituzione del parco regionale di Isola di S. Andrea e litorale di Punta Pizzo di cui abbiamo raccontato due anni fa. Ora, parte di quel periodo riemerge in una recente sentenza del Tar Puglia sezione di Lecce. Un pronunciamento per un ricorso attivato da una nota società alberghiera che aveva chiesto alla Regione Puglia di rettificare la classificazione di alcune aree di poco più di un terzo di ettaro in zona Baia Verde. Nel Piano paesaggistico (Pptr), si dice nel ricorso, esse erano state erroneamente perimetrate come “zona umida”, “connessione alla Rete Ecologica Regionale” e “immobili e aree di notevole interesse pubblico”. Rimuovendo tali vincoli al paesaggio le aree sarebbero state destinate a parcheggio “ovviamente” «nel pieno rispetto delle caratteristiche paesaggistiche del luogo e con un giusto intervento di ingegneria ambientale che porterà ad aumentare il già presente strato di riporto fino ad una quota di +0,70 mt che mette il terreno in sicurezza rispetto agli eventuali eventi eccezionali sulla previsione fatta a 200 anni».
Il “no” della Regione alla rettifica
La Regione motiva il “no” alla rettifica affermando che «l’individuazione dell’UCP Aree umide effettuata dal Pptr sulle aree in questione non rappresenta un errore, in quanto l’area risulta essere stata oggetto di ripetute trasformazioni, avvenute successivamente alle ricognizioni effettuate dal piano (…) Si evidenzia infine che la trasformazione delle aree sulle p.lle 889, 886 e 888 del fg 25 del Comune di Gallipoli deve essere supportata dai necessari titoli abilitativi, non trasmessi con l’istanza in oggetto». La società ha controdedotto rispondendo che «l’area in questione già da molto tempo prima dell’approvazione del Pptr era priva di qualsivoglia tipo di vegetazione; era stata oggetto di interventi autorizzati dal Comune di Gallipoli fin dal 1989 […] ed era stata interessata da opere oggetto di condono edilizio». Dopo il diniego definitivo da parte della Regione la società ha attivato il ricorso al Tar contestando il mancato coinvolgimento del Comune di Gallipoli nel procedimento regionale e richiamando le autorizzazioni del Sindaco di Gallipoli del 1989 e, di condono, del 1996 «ad eseguire lavori di risanamento dei terreni, attesa la presenza di fenomeni di antigienicità lamentati, previa estirpazione dei canneti, disinfezione e derattizzazione, compattazione del terreno con materiale di riporto e messa a dimora di opere di natura agricola […]» e di sistemazione agricola dei suoli.
La storia ricostruita dal Tar
Ed ora viene il bello perché i giudici amministrativi leccesi ricostruiscono la vicenda risalente nel tempo scrivendo che «corre l’obbligo di precisare che tutta la colmata della zona paludosa esistente nell’area a sud di Gallipoli è stata oggetto di attenzione da parte della magistratura penale con procedimenti che ebbero ad interessare gli amministratori di Praia del Sud S.p.A., società incorporante, a decorrere dal 11.05.1990, la società Praia del Sole, già proprietaria dei terreni de quibus, così come puntualmente evidenziato dalla difesa erariale». Racconta la sentenza che il a gennaio 1994 il Pretore di Lecce – sez. distaccata di Gallipoli – pronunciava la sentenza n. 82/1994, con la quale, dopo aver accertato che i lavori si erano svolti in assenza di autorizzazioni e in spregio delle indicazioni prescritte dalla Regione e dal Comune di Gallipoli, condannava gli imputati, tra i quali l’amministratore dell’epoca di Praia del Sole S.p.a., alla demolizione delle opere abusive ed al ripristino dello stato dei luoghi. Questa prima sentenza è stata confermata dalla Corte d’Appello di Lecce nel 1999 che confermava, tra l’altro, anche la condanna alla demolizione dei manufatti illecitamente realizzati e alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi e, successivamente, nel 2000 dalla Cassazione. «Ciò nonostante – aggiungono i giudici amministrativi leccesi -, nulla veniva demolito ed anzi il Comune di Gallipoli provvedeva a rinnovare per ulteriori due anni la concessione edilizia […] dopo la restituzione nel 1994 delle aree precedentemente sequestrate». A luglio del 1996 il Sindaco del Comune di Gallipoli – continuativamente dal 1993 Flavio Fasano (PDS) -, al quale erano state presentate otto distinte istanze in sanatoria dalla Praia del Sud S.p.a., con cui veniva richiesto il rilascio delle concessioni in sanatoria per le opere illegittime realizzate, adottava le concessioni in sanatoria per tutte le istanze. A gennaio 1997 Praia del Sud S.p.a. (già Praia del Sole S.p.a.), chiedeva al Sindaco del Comune di Gallipoli, una nuova proroga del termine di efficacia della concessione edilizia n. 4691 ed il Comune concedeva la proroga a febbraio 1997 per un periodo di diciotto mesi.
Un’altra piccola storia ignobile del paesaggio pugliese
Il dirigente dell’ufficio tecnico comunale concedeva ad ottobre 1998 il nulla-osta paesaggistico n. 67 descrivendo l’intervento come minimale, non aggressivo e ben inserito nel contesto dei luoghi, «mentre in realtà aveva una portata dirompente sull’ambiente e sul territorio per l’entità delle opere realizzate e previste», scrivono i giudici del Tar. Il nulla-osta comunale per realizzare strutture turistiche all’aperto è stato annullato dalla Soprintendenza per i Beni architettonici, artistici e storici a gennaio 1999. L’allora dirigente tecnico del Comune di Gallipoli fu condannato definitivamente per falso ideologico con sentenze del Tribunale di Lecce nel 2005 e della Corte d’Appello di Lecce nel 2008. Un’altra piccola storia ignobile per il paesaggio, questa volta in salsa gallipolina. Il Tar di Lecce, ora, ha respinto il ricorso della società contro la mancata rettifica al Pptr da parte della Regione Puglia.