Lago Salso senza una guida: quale futuro per l’habitat?

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(Natura fuori porta la Repubblica – Bari 7 gennaio 2020)

 

Ripristino casse di espansione a Lago Salso (Foto Matteo Caldarella/archivio CSN)

 

Ai primi del XIX secolo il francescano Michelangelo Manicone suggerì, ne “La fisica Appula”, di prosciugare il lago Salso per combattere la malaria a Manfredonia. Circa 1.000 ettari a qualche chilometro da lì, nel comprensorio delle zone umide di Capitanata estese, agli inizi del XX secolo, oltre 80.000 ettari oggi ridotti del 90%. Agli inizi di questo millennio la Commissione UE ha imposto all’Italia di riallagare a lago Salso almeno 280 ettari ripristinando steppe salate (habitat tutelato dalle norme comunitarie) per compensare la perdita di pascoli naturali violati per realizzare (contro le direttive comunitarie) il contratto d’area di Manfredonia: 1.000 miliardi di vecchie lire per una nuova zona industriale mai veramente decollata dopo la chiusura della velenosa Enichem. L’UE ci ha graziati senza condannarci alle salate multe giornaliere. I seminativi sono stati riallagati anche con molti finanziamenti comunitari (quasi 8 milioni di euro), i progetti realizzati, l’area, di proprietà del comune di Manfredonia, ceduta in gestione ad una società tra il parco nazionale del Gargano e l’associazione Centro studi naturalistici di Foggia. Lago Salso era gestito ospitando in gran numero molte specie migratrici, è stato visitato da frotte di scuole e di turisti. Il 30 dicembre scorso il parco ha sciolto la società. Non entriamo nel merito della vicenda. Ci chiediamo però chi gestirà ora lago Salso se il Comune è commissariato ed in pre-dissesto finanziario. Il rischio è anche la restituzione in tutto o in parte dei finanziamenti UE e degli aiuti PSR alle coltivazioni biologiche condotte in questi anni.

Fabio Modesti

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