L’addio a Francesco Macchia, lo scienziato della natura

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(da la Repubblica – Bari del 15 novembre 2019)

 

Qualche giorno fa ci ha lasciati ad 85 anni Francesco Macchia, il prof. Francesco Macchia. Persona schietta che destava un senso di rispetto immediato nell’interlocutore. Soprattutto, un botanico sistematico di levatura eccellente. Uno dei naturalisti che hanno fatto dell’Università degli Studi di Bari un centro di pensiero e di progettazione ambientale, qual è ancora oggi. Il “suo” Orto Botanico, nel perimetro del Campus universitario barese, resta una delle cose belle che ogni barese dovrebbe conoscere ma che, purtroppo, da svariati anni resta quasi nascosto alla vista. Il Sindaco Metropolitano, Antonio Decaro, dovrebbe agire subito, in onore di Francesco Macchia, per renderlo nuovamente parte della città e dei baresi.

Forse in pochi sanno che l’Università di Bari è stata, tra gli anni ‘70 ed ’80 del secolo scorso, un centro di pensiero scientifico naturalistico all’avanguardia in Italia. Nell’Ateneo barese insegnavano straordinarie figure umane e scientifiche che avevano fatto della conservazione della natura una ragione di vita da trasmettere a quante più persone possibile. Sono nati così, nei primi anni ’70, i “Simposi nazionali sulla conservazione della natura” nei quali specialisti delle varie discipline scientifiche relative all’ambiente naturale riversavano il loro sapere e le loro idee per la protezione della natura. Francesco Macchia, insieme a Pasqua Bianco, Lidia Scalera Liaci e tanti altri docenti e studenti – ma anche assieme a semplici appassionati cittadini -, ne erano gli animatori. Da quei Simposi sono scaturite le prime norme pugliesi per l’istituzione di aree protette (la legge regionale n. 50 del 1975 sui parchi naturali attrezzati e la legge regionale n. 8 del 1977 sulle riserve naturali regionali) e molte indicazioni di siti da proteggere, poi confluite nella vigente legge regionale sulle aree protette del 1997. Francesco Macchia era anche uomo d’istinto. Qualcuno nelle isole Tremiti potrebbe ancora portare sul volto i segni delle sue mani quando, tanti anni fa, agì in difesa di una sua studentessa molestata dalle eccessive attenzioni di un giovane del luogo.

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