Corriere del Mezzogiorno – Puglia del 13 agosto 2022, p. 2
di Fabio Modesti
La vicenda politica dei Verdi in Italia ed in Puglia è stata contrassegnata da vari periodi. Con il referendum che nel 1987 ha bloccato la realizzazione e l’utilizzazione di centrali nucleari nel nostro Paese, i Verdi cominciarono ad acquisire visibilità politica, spinti da Marco Pannella che ne propugnò la fondazione. La Puglia fu una delle regioni in cui maggiormente si fece sentire la presenza del nuovo soggetto politico perché qui era stata individuata l’area che poteva accogliere un impianto nucleare (la zona di Avetrana in provincia di Taranto). Da allora la Puglia è stata laboratorio politico ed amministrativo dei Verdi con i primi consiglieri nei Comuni e nell’assemblea regionale. Fu un periodo di importante elaborazione politica e culturale anche sulla scorta dell’esperienza di amministrazione diretta a livello regionale con il primo assessore all’Ambiente, ago della bilancia in una maggioranza quadripartito con la Giunta regionale guidata ancora dalla DC. Si elaboravano strategie ed azioni per la salvaguardia di ambiente, natura e paesaggio. Ma nei Verdi le anime erano troppe e belligeranti sia a livello nazionale che pugliese. Quel periodo estremamente vivace, durato poco più di un lustro, ha lasciato spazio alla diaspora di molti ed alla progressiva chiusura verso il “partitino del 2%”. La diaspora ha sicuramente avvantaggiato molti, rifugiatisi in porti politici ben sicuri. Il fatto è che l’aver scelto di schierarsi, anche in questa campagna elettorale agostana, “contro” contro le destre (che non si comprende quante siano e perché siano tante) e non “per” diffondere le politiche di buon senso e scientificamente fondate in campo energetico (non si possono difendere a spada tratta le rinnovabili intermittenti e poco affidabili da piazzare dovunque e comunque e protestare contro rigassificatori necessari ad affrancarsi dal gas del criminale di guerra Putin), in campo naturalistico (come stanno le aree protette in Italia? Come contrastare il declino della biodiversità che ha cause ben più locali e tangibili del solo riscaldamento globale?), nel campo della gestione dei rifiuti (ma possibile che si pensi ancora di smaltire la “monnezza” senza impianti tecnologicamente avanzati e con la sola raccolta differenziata?), nel campo della politica industriale (qual è il futuro dell’industria manifatturiera italiana? Solo cassa integrazione, decarbonizzazione a venire – chissà quando – e perdita di produzione?), sta dissolvendo i Verdi. Sempre più schiacciati su posizioni di matrice marxista sviluppiste ed industrialiste ma “pacifiste” (sic!), hanno deciso che la tutela del paesaggio e della natura quasi non gli appartenga. Il lavoro di inseminazione culturale e politica per la protezione dell’ambiente, che doveva essere il pensiero guida del movimento dei Verdi, si è schiantato divenendo una piccola forza ideologicamente appiattita e, alla fine, purtroppo, irrilevante.