Corriere del Mezzogiorno – Puglia dell’11 ottobre 2022, pp. 1, 10
di Fabio Modesti
La vicenda di Costa Ripagnola è sempre più una piccola storia ignobile in salsa pugliese. Le questioni principali, però, non sono tecniche ma politiche ed è per questo che il “caso Ripagnola” può, a buona ragione, assurgere a pietra miliare del pessimo stato di salute politico pugliese. Il problema di fondo è: si vuole salvaguardare quel piccolo quadrilatero rimasto quasi del tutto intonso sulla costa del sud barese, testimonianza storica del paesaggio costiero di quella parte di Puglia? Oppure si pensa di sacrificare anche quel relitto ad iniziative turistiche che tutto sono fuorché sostenibili? Ed a poco servono improbabili accordi tra le amministrazioni locali, come quelle dell’area metropolitana di Bari, perché «entro il 2050 dobbiamo raggiungere l’obiettivo europeo della neutralità climatica». Il Sindaco della Città Metropolitana, Antonio Decaro, non può disinteressarsi di Costa Ripagnola perché quegli obiettivi si raggiungono a partire dalla sua salvaguardia. Ancor meno servono le declamazioni di principio del presidente della Regione, Michele Emiliano, perché proprio da lì, da quegli uffici, è cominciato il “linciaggio” di Costa Ripagnola. Prima con i provvedimenti che hanno autorizzato il resort nei pagghjari, poi con la legge-farsa istitutiva del Parco regionale demolita dalla Corte costituzionale, frutto di un’azione legislativa della quale i consiglieri regionali dovrebbero essere chiamati a rispondere in sedi diverse da quella politica. Una legge che, nello sfacciato tentativo di creare una sorta di cordone sanitario attorno al progetto del resort nei pagghjari, contiene una norma transitoria di salvezza ad hoc, due diverse e contraddittorie zonazioni del parco ed annovera, in una sorta di “legislazione creativa”, emendamenti non trasposti nel testo ma introdotti irritualmente come note alla cartografia. Al cordone sanitario per salvare ciò che non si dovrebbe salvare ha contribuito in modo determinante il Comune di Polignano a Mare che fino a ieri ha difeso a spada tratta quel progetto ed oggi, legittimamente, non lo difende più perché la nuova amministrazione si è resa conto del malfatto. Ma il problema resta il passato che ancora vive nelle carte e nelle ultime scelte tecniche da compiere che potrebbero pregiudicare l’attuale volontà politica. Ora tutto sembra essere affidato alla magistratura, amministrativa e penale. La Procura della Repubblica di Bari ritiene che nella vicenda del resort non siano stati commessi reati ma da parte di soggetti (alcuni funzionari pubblici) che effettivamente ben poco peso hanno avuto nella vicenda rispetto ad altri. Le associazioni si sono opposte alla richiesta di archiviazione ed il GIP valuterà a partire, sembra, dal 10 gennaio prossimo. Il giudice amministrativo potrebbe essere chiamato ad esprimersi molto presto. Resta la latitanza della politica, quella vera delle scelte strategiche per la tutela del territorio al di là dei facili proclami. Una latitanza che sa di codardia.