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La diga fantasma di Altamura

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Corriere del Mezzogiorno – Puglia, pagg. 1, 4

di Fabio Modesti

In Puglia c’è una diga “fantasma” realizzata a fine anni ’70 ma mai entrata in funzione. È la “diga di Altamura”, tra Altamura e Gravina in Puglia, 22,5 metri di sbarramento sul torrente Saglioccia per una capacità d’invaso di 1,8 milioni di metri cubi, investimento di oltre 5 miliardi di vecchie lire, costo totale dell’incompiuta 90 miliardi di lire. Stazione appaltante l’allora Consorzio di bonifica apulo lucano, oggi Terre d’Apulia. Dalle cronache emerge che a fine 2014 erano necessari, per completare i lavori (56,32% eseguiti), altri 15 milioni di euro. Nella programmazione dei Fondi di Sviluppo e Coesione (FSC) 2014-2020 ecco così spuntare 5 milioni di euro ma per la sola messa in sicurezza della diga, risorse che il Ministero delle Infrastrutture ha fatto transitare nel PNRR destinandoli al suddetto Consorzio di bonifica. Ma è solo un terzo delle risorse necessarie a rendere funzionante l’invaso. La diga non è in un’area protetta né in un Sito Natura 2000 e per realizzarla fu cancellato l’intero bosco “Selva di Gravina”. La Regione a fine maggio scorso si è affrettata a rilasciare l’autorizzazione paesaggistica in deroga al Piano paesaggistico consentendo l’ulteriore cancellazione di 14,5 ettari di bosco “compensata” con la piantumazione di una superficie di 36,25 ettari. Un bosco futuribile a fronte della perdita secca di un ecosistema efficiente. E dove saranno piantumate le nuove plantule? In aree interne ed esterne al bacino idrografico di riferimento caratterizzate da incolti (definizione vaga) anziché pensare ad una sistemazione naturalistica del torrente, con fasce di bosco ripariale che assume la funzione di filtro per le acque fermando i sedimenti di suolo eroso, prevenendo quindi l’interrimento e filtrando gli inquinanti. Sarebbe acqua quasi da bere nel lago, ottimo esempio di servizio ecosistemico. E invece, no. Non basta, ci sono pure 1,2 ettari della sua superficie da “sfangare” prelevando 50 centimetri di materiali depositati sul fondo che hanno determinato il cosiddetto interrimento. Alla fine di tutto, non si comprende se la diga entrerà in funzione o meno e quali comprensori irrigui servirà, per che cosa e con quali vantaggi reali sociali ed economici. Ecco, questo è uno dei 168.000 e passa progetti che il PNRR dovrebbe finanziare, senza che se ne siano preventivamente valutati gli impatti ambientali. Ne ha ben donde il Ministro Raffaele Fitto quando dice che la verifica dei progetti da salvare nel PNRR, per poi non ritrovarsi a ripagare un’enorme massa di debito per nulla o quasi, è un’operazione da far tremare le vene ai polsi.

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