Il rebus del piano rurale

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(da la Repubblica – Bari del 06 novembre 2019)

 

Nel girone infernale del Programma di Sviluppo Rurale (P.S.R.) 2014/2020 della Regione Puglia rischiano di cadere gli agricoltori, gli allevatori e l’ambiente naturale. Al di là delle contese parapolitiche e delle vicende legali, restano le ceneri di una programmazione nata male, proseguita sempre peggio pur se poteva essere corretta. Non in pochi, nel corso della fase di ascolto del partenariato istituzionale e sociale, chiesero alla Regione un P.S.R. attento ai territori, strategico nelle scelte di investimento e selettivo nella loro attuazione. Tra coloro che lo chiedevano vi furono anche gli Enti gestori di aree protette – con in prima linea il Parco Nazionale dell’Alta Murgia – che nei loro documenti proposero, inascoltati, l’attuazione e la gestione legate ai territori. In sostanza, si disse, se si è voluta istituire un’area protetta bisogna riconoscere a quel territorio non solo la priorità nei finanziamenti ma la capacità gestionale degli stessi soprattutto a seguito della definizione di Misure specifiche ed adeguate. Invece la scelta è stata quella di “spalmare”, nel periodo sessennale di programmazione, gli 1,6 miliardi di Euro in modo omogeneo su tutta la regione, da foce Fortore a Leuca. Come se le esigenze e gli obiettivi per l’agricoltura e la zootecnia prescindessero dalla particolarità e dalla complessità dei territori. Da questo “errore” (consapevole) scaturisce il resto. La gestione del Programma, in primo luogo. Troppo debole la struttura amministrativa regionale, a partire dall’Autorità di Gestione, nonostante il prodigarsi di dirigenti e funzionari. Troppo chiusa la cerchia consulenziale e di assistenza tecnica, con non pochi conflitti di interesse potenziali e non. Troppo contigue alla Regione le organizzazioni imprenditoriali agricole. La sensazione è che, come finora per ogni P.S.R. a dir la verità, ci sia stato un arroccamento nel fortino del potere ed una totale perdita di vista della realtà. E non è questione, ripetiamo, che attiene solo a questa programmazione.

È chiaro che il rischio del cosiddetto “disimpegno automatico” delle somme non spese da parte della Commissione U.E. è molto più che tale; appare realtà ineluttabile. Ma per salvare il salvabile ecco che si fa pressione sulla sfera tecnico-amministrativa e, ad esempio, giungono sui tavoli di chi deve esprimere pareri e valutazioni ambientali progetti del tutto fuori scala, improponibili, che mai sarebbero dovuti giungere a questo punto e se lo sono è perché la relativa Misura è stata scritta male ed i bandi conseguenti ancora di più. Si veda la Misura 8, quella forestale, dove la spesa è minima. In questo caso, ad esempio, progetti di primo imboschimento che comportano notevoli investimenti anche da parte dei privati, sono catapultati sui tavoli di funzionari con l’ordine di “far presto” nel valutare l’impatto ambientale accollando loro una responsabilità troppo pesante. Il rischio è che le valutazioni non vengano fatte adeguatamente mentre sarebbe stato banalmente più semplice scrivere meglio Misura e bandi. Invece, buona parte dei 110 milioni di Euro stanziati per questa Misura restano intatti e di certo non per colpa dei funzionari chiamati a gestirla.

Oltre all’impatto negativo dei mancati investimenti, quindi, si palesa sempre più minaccioso il rischio di impatti negativi sull’ambiente naturale. E se qualche autorità ambientale osa, opportunamente, fermare progetti o chiederne la revisione, subito viene tacciata di “intelligenza con il nemico”. Non passa neanche per la testa che se si fosse affrontato a monte – come richiesto in sede di Partenariato – il problema della filiera autorizzativa e valutativa, razionalizzando i percorsi, responsabilizzando le amministrazioni e scrivendo regole chiare e puntuali, forse oggi non saremmo qui in Puglia additati come coloro incapaci di investire per un’agricoltura migliore. Potremmo continuare, ad esempio, con le risorse destinate a prevenire i conflitti tra predatori e allevatori. Per la prima volta – grazie all’impegno delle aree potette – nel P.S.R. è stata inserita un’azione in tal senso. Solo a fine 2018 è stato approvato il bando per poterla attuare ed ancora oggi non è stata pubblicata la graduatoria. Accade questo mentre molti allevatori, soprattutto nella Murgia del Sud-Est barese, sono intenzionati ad “autodifendersi” contro una specie protetta qual è il lupo.

Altre se ne potrebbero raccontare ancora di storie come questa. Ci fermiamo, per carenza di spazio, per cessare di dire “l’avevamo detto” e, soprattutto, per non far saltare le coronarie.

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