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I porti e la cura dell’ambiente – Esempi naturali di transizione

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Corriere del Mezzogiorno – Puglia del 17 novembre 2023, pag. 1

In copertina, Gallinelle d’acqua nel porto di Bari – video ©Fabio Modesti

di Fabio Modesti

Qualche giorno fa il Presidente dell’Autorità di sistema portuale del mare Adriatico meridionale, l’ottimo Ugo Patroni Griffi, ha lamentato che Soprintendenza e Comune di Bari stiano ostacolando la realizzazione di un impianto fotovoltaico per alimentare le navi ormeggiate a motore spento. Un progetto sensato e di effettiva riduzione di inquinamento anche a favore degli abitanti dei complessi edilizi che attorno al porto stanno via via aumentando. Un progetto per il quale le valutazioni negative di impatto sul paesaggio (portuale industriale) sono a dir poco ardite. Ma nel comunicato diramato dall’Autorità portuale c’è un passaggio poco felice. Si dice, infatti, che «notoriamente un porto è privo di naturalità, caratterizzato piuttosto da luoghi ampiamente antropizzati…». Affermazione solo parzialmente vera. Un porto commerciale è sicuramente un luogo “industriale”, dove le manomissioni dell’ambiente sono evidenti ed anche pesanti. Ma, come nel caso di Bari e di Brindisi, possono nascondere lembi residuali di naturalità che neanche ci si potrebbe immaginare. Il porto di Bari è stato recentemente il luogo dove una specie di uccello migratore ad elevata protezione a livello europeo, il cavaliere d’Italia, ha nidificato. Lo ha fatto in una zona a ridosso dell’area interessata dall’ampliamento della colmata di Marisabella, con ruspe che andavano avanti ed indietro, camion ed operai in piena attività. E la riproduzione ha avuto successo. Sempre in quella zona è facile osservare gallinelle d’acqua e aironi cenerini. A Brindisi, appena fuori dalle bocche di quello che ricordiamo è uno dei pochi porti naturali italiani, vi sono le isole Pedagne dove si era formata una colonia (oggi non più presente poiché pare i nidi siano stati depredati da bracconieri) del raro gabbiano corso probabilmente trasferitasi lì dall’isola dell’Eremita, di fronte a Polignano a Mare, perché continuamente disturbata dai bagnanti che si arrampicavano sulle facili falesie senza che l’amministrazione comunale ponesse rimedio. Le Autorità portuali hanno ora una responsabilità in più: non soltanto consentire che le strutture portuali migliorino e si sviluppino ma anche difendere questi lembi di naturalità che smentiscono la loro assenza improvvidamente evocata. La transizione ecologica significa anche, forse soprattutto, questo e cioè difendere e potenziare le aree naturali ovunque e di qualunque dimensione esse siano. A volte le Soprintendenze non sanno neanche che esse esistono e si incaponiscono nel tutelare qualcosa che non c’è guardando il dito e perdendo di vista la luna.

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