Il Tar Bari statuisce che i proprietari di suoli tutelati dalla caccia come oasi di protezione della fauna selvatica dal Piano faunistico venatorio non devono essere informati tramite notifica personale del provvedimento
In copertina, fenicotteri rosa (Phoenicopterus roseus) in volo su Lago Salso (Fg) – foto ©Francesco Ambrosi
La conoscenza dell’apposizione di un vincolo ambientale, di qualsiasi natura esso sia, in questo caso all’attività di caccia, è uno degli argomenti che sistematicamente viene a galla nei contenziosi attivati da proprietari dei suoli interessati. Nel Regno Unito si procede alla notifica ai proprietari dei suoli sottoposti a tutela con le regole vigenti nell’area protetta. Una buona azione amministrativa efficace in presenza di un numero limitato di proprietari terrieri, come ancora è il caso del Regno Unito, ma quasi impossibile in situazioni di proprietà parcellizzata come in Italia, soprattutto nel Mezzogiorno dopo la Riforma agraria degli anni ’50 del secolo scorso.
Il caso di Lago Salso
Nei giorni scorsi il Tar Puglia, sezione di Bari, ha affrontato nuovamente la questione su ricorso depositato da alcuni proprietari di suoli nella zona umida di Lago Salso (Manfredonia – Fg) contro l’istituzione di un’oasi di protezione della fauna selvatica, un’area dove la caccia è vietata. I ricorrenti lamentavano la mancata notifica personale della perimetrazione cartografica del vincolo disposta con il Piano faunistico-venatorio della Regione Puglia 2018-2023, il superamento della quota del 30% del territorio agro-silvo-pastorale vietato alla caccia e la mancata notifica di avvio del procedimento ai sensi della legge sul procedimento amministrativo (L. n. 241/1990). Il Tar pugliese ha dichiarato inammissibile il ricorso ma ha affrontato ugualmente le questioni poste affermando che «dalla documentazione depositata in giudizio (allegati fotoplanimetrici e mappe catastali), si evince che la notifica dei provvedimenti impugnati ad ogni destinatario sarebbe stata oltremodo gravosa, se non impossibile. Le forme pubblicitarie seguite dalla Regione, oltre che conformi alla disciplina dettata dal regolamento regionale n. 13 del 4.6.2015, appaiono coerenti e logiche rispetto alla necessità di assicurare la massima possibilità di comunicazione, nel tentativo di rendere edotti il maggior numero possibile di proprietari e conduttori dei fondi interessati dalla istituzione della nuova oasi». Ed ancora «il regolamento regionale n. 13 del 2015, all’art. 15, comma 6., proprio in relazione alle situazioni (come quella in esame) in cui il numero dei destinatari delle comunicazioni è talmente elevato da impedirne la forma individuale, ha disciplinato le forme di pubblicità ritenute più idonee ai suddetti fini, nel quadro dei criteri dettati a monte dalle norme di rango primario».
La mancata notifica di avvio del procedimento
Quanto alla lamentata mancata notifica di avvio del procedimento amministrativo conclusosi con l’istituzione dell’oasi di protezione “Lago Salso”, i giudici amministrativi baresi osservano che «l’approvazione del piano faunistico venatorio regionale per il quinquennio 2018-2023 può essere annoverato gli “atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione” per i quali l’art. 13, comma 1., L. n. 241/90 prevede una deroga espressa all’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento, facendo tuttavia salve le “particolari norme che ne regolano la formazione”, le quali nel caso di specie prevedono l’adozione delle peculiari forme di pubblicità assicurate dalla regione». Il Tar conclude quindi, come detto, con l’inammissibilità del ricorso perché «deve ritenersi che l’opposizione proposta ex art. 10 della L. n. 157/1992 debba essere considerata inammissibile perché promossa da una serie di soggetti, proprietari di terreni ricadenti nell’oasi, la cui superficie, pari a solo 110 ettari, non raggiunge la percentuale del 40% richiesta dalla legge». La caccia a Lago Salso per ora è vietata. Si aspetta, verosimilmente, il pronunciamento del Consiglio di Stato.