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Agrivoltaico, tutele ambientali spuntate

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In copertina, impianto agrivoltaico presso il Jack’s Garden di Longmont, Colorado (USA) – foto ©Jack’s Garden

di Fabio Modesti

Circa due anni fa avevamo commentato una sentenza del TAR Lecce che considerò legittimo il diniego opposto dalla Provincia di Brindisi ad un impianto agrivoltaico con pannelli al suolo integrati con attività agricola della potenza di 5,92 MW ed estensione di circa 15 ettari. Il TAR salentino affermò che «la circostanza che il P.N.I.E.C. e il P.N.R.R. abbiano riconosciuto all’agrivoltaico un ruolo importante per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione, non esclude che ne sia valutata la sostenibilità ambientale e i pregiudizi all’agricoltura, dato che l’implementazione di “sistemi ibridi agricoltura-produzione di energia che non compromettano l’utilizzo dei terreni dedicati all’agricoltura, ma contribuiscano alla sostenibilità ambientale ed economica delle aziende coinvolte […]”, non può ragionevolmente comportare il depauperamento e la distruzione di superfici agrarie fertili e votate a colture come quelle che l’Ente regionale ha ritenuto di qualità e identitarie». I giudici amministrativi di Lecce riconobbero che le motivazioni del provvedimento erano del tutto ragionevoli e ben formulate e che quel che stabilisce il Pptr (Piano paesaggistico territoriale pugliese) nelle linee guida per la localizzazione di impianti energetici da fonti rinnovabili vale anche per la tipologia dell’agrivoltaico, “subspecie” di fotovoltaico.

Ma lo stesso TAR-sezione di Lecce, in altra sentenza sempre del 2022, ha espresso orientamento diverso affermando che sarebbe irragionevole l’automatismo per il quale, «in assenza di espressi vincoli, le Amministrazioni hanno ritenuto preclusa la possibilità di rilasciare una positiva valutazione ambientale per effetto di una impropria assimilazione degli impianti agrivoltaici e quelli fotovoltaici». La Provincia di Brindisi, cui il Tar Lecce aveva dato torto, si è così rivolta in appello al Consiglio di Stato il quale ha sancito, a settembre dello scorso anno dando torto all’amministrazione provinciale, che «l’agrivoltaico è un settore di recente introduzione e in forte espansione, caratterizzato da un utilizzo “ibrido” di terreni agricoli, a metà tra produzioni agricole e produzione di energia elettrica, che si sviluppa con l’installazione, sugli stessi terreni, di impianti fotovoltaici, che non impediscono tuttavia la produzione agricola classica. In particolare, mentre nel caso di impianti fotovoltaici il suolo viene reso impermeabile e viene impedita la crescita della vegetazione (ragioni per le quali il terreno agricolo perde tutta la sua potenzialità produttiva), nell’agrivoltaico l’impianto è invece posizionato direttamente su pali più alti, e ben distanziati tra loro, in modo da consentire alle macchine da lavoro la coltivazione agricola. […] Logico corollario della delineata differenza tra impianti agrivoltaici e fotovoltaici è, come correttamente osservato dalla sentenza impugnata, quello secondo cui gli stessi non possono essere assimilati sotto il profilo del regime giuridico, come impropriamente ha fatto la Provincia nel procedimento conclusosi con il provvedimento di PAUR negativo».

Si pone a questo punto un problema rilevante in merito all’efficacia delle norme di tutela paesaggistica, ma anche di quelle ambientali di aree protette nazionali e regionali e di Siti Natura 2000 tutelati dalle direttive UE (Natura 2000), rispetto ad istanze di installazione di impianti agrivoltaici. In Puglia il Pptr contiene norme prescrittive e di indirizzo riferite ad impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili con specifico riferimento a fotovoltaico ed eolico. Non è contemplato l’agrivoltaico. E così per i (pochissimi) piani per i parchi nazionali e regionali e per i regolamenti contenenti le misure di conservazione per i Siti Natura 2000. Alla luce di queste decisioni della giustizia amministrativa si stanno muovendo grossi gruppi industriali che vedono aprirsi un varco enorme per occupare suolo agricolo con specchi a gogò.

Per non perdere questo treno, forse inaspettato, che brucerà altro terreno agricolo e paesaggio, le Regioni cominciano a sfornare norme in favore dell’agrivoltaico. È il caso della Puglia il cui Consiglio regionale sta avviando la discussione su una proposta di legge cosiddetta “omnibus”, ossia contenente norme non finanziarie nei settori più svariati, nella quale l’articolo 34 è dedicato all’agrivoltaico. La norma proposta prevede che la Giunta regionale, entro trenta giorni dall’approvazione della legge, deliberi «la differenziazione degli impianti agrivoltaici rispetto agli impianti fotovoltaici e la relativa rimodulazione degli importi delle fideiussioni» necessarie. Gli impianti agrivoltaici dovrebbero determinare soluzioni innovative con montaggio di moduli elevati da terra, anche prevedendo la rotazione dei moduli stessi, comunque in modo da non compromettere la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale. Sta di fatto che l’aggiramento delle norme di tutela paesaggistica e naturalistica sembra cosa fatta e non si ha notizia di proposte affinché anche l’agrivoltaico venga attentamente valutato.

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