Lì dove volevano realizzare un mega complesso turistico con l’assenso della politica che conta, ora c’è il Parco Naturale Regionale Isola di S. Andrea e litorale di Punta Pizzo. La pressione turistica non manca ed i problemi gestionali pure, ma la tutela regge anche per l’impegno di una vita di buoni gallipolini. La scoperta di una nuova specie botanica endemica (la Repubblica – Bari 02 aprile 2020)
Quando finirà tutta questa brutta storia di pandemia di Covid-19 da Coronavirus (perché intanto dobbiamo stare a casa!) ed il meteo lo consentirà, andremo a fare un giro nel parco naturale regionale di Isola di S. Andrea e litorale di Punta Pizzo a Gallipoli. E pure un bagno nelle sue splendide acque. Che posto magnifico, Punta Pizzo. Che splendido isolamento a S. Andrea. Quest’ultima, poi, proprio davanti alla “città bella” racchiude una delle più importanti colonie di gabbiano corso (Larus audouinii) di cui già ci siamo occupati in questa rubrica. E dire che l’integrità di quei luoghi fu messa in discussione, ed anche pesantemente, perché un’importante società immobiliare turistica aveva messo gli occhi sopra per realizzare insediamenti turistici di migliaia di posti letto. E l’amministrazione gallipolina di fine anni ’90 del secolo scorso e fino al 2001, era pure d’accordo. La struttura turistica doveva sorgere proprio nel “corno” di Punta Pizzo, l’area più bella, dove peraltro esiste una famosa masseria del XVI secolo che ha ospitato incontri politici ad altissimo livello ed è ancora meta di buen retiro di molti personaggi dello spettacolo. Ma lì c’è una straordinaria e mosaicata presenza di macchia mediterranea, di pseudosteppa mediterranea e di ambienti umidi. Sì, perché una parte di quel territorio è stato oggetto di bonifiche fin dal XVII-XVIII secolo, poi proseguite nel ‘900. Bonifiche riuscite solo in parte, a dir la verità. Nel 2003, il 13 di agosto, il consiglio comunale di Gallipoli si riunì per discutere l’adesione all’istituzione del parco naturale regionale.
Ero lì, inviato dalla Regione per illustrare la proposta ed assistetti ad una situazione per alcuni, ma non per me che ne conoscevo la storia, paradossale. La maggioranza in consiglio comunale, allora di centrodestra, votò a favore dell’istituzione del parco e l’opposizione di centro-sinistra, con prevalenza DS, contro. I motivi della contrarietà erano, a loro dire, sostanzialmente legati alla mancata tutela di alcuni interessi privati (compresi quelli legati alla presenza di un’azienda faunistico-venatoria). Interessi che avevano una precisa identificazione proprio in alcuni massimi esponenti dei DS. E così, da quella data è cominciata una battaglia legale amministrativa conclusasi dinanzi alla Corte Costituzionale che ha sancito la correttezza del procedimento che portò alla legge regionale d’istituzione del parco nel 2006. Non è che problemi gestionali non ve ne siano. Il Comune di Gallipoli, autorità di gestione del parco, stenta ad assicurare una protezione adeguata all’area, presa d’assalto dalla marea di turisti estivi. La presenza nel parco di lidi autorizzati, poi, dovrebbe essere più controllata anche se la maggior parte dei gestori ha compreso che la tutela offre maggiore ritorno economico. Ma l’area protetta è comunque per lo più conservata, le tartarughe palustri si riproducono, così come l’orchidea palustre; le bianche dune si rinsaldano. Questo anche grazie al prezioso lavoro di persone come Maurizio Manna che al parco hanno dedicato di fatto una vita. Ma c’è di più. Il 19 marzo scorso la rivista scientifica internazionale di botanica “Phytotaxa” ha pubblicato uno studio di Roberto Gennaio e Quintino Manni, naturalisti salentini, durato sette anni che ha sancito scientificamente la presenza, proprio a Punta Pizzo, di una nuova specie botanica che parrebbe avere tutte le caratteristiche di un endemismo. Si tratta della Centaurèa akroteriensis, della famiglia dei fiordalisi ed il suo nome italiano è “Fiordaliso di Punta Pizzo”. Un bel colpo per il parco regionale che così si potrà fregiare di un altro punto di qualità. Sarebbe opportuno, però, al fine di definire incontestabilmente la certezza dell’endemismo, continuare a studiare il Fiordaliso di Punta Pizzo per la sua unicità genetica e per determinare senza ombra di dubbio che non si tratti di una specie – la Centaurèa polyacantha – già esistente nel bacino mediterraneo, in Nord Africa e nei Balcani occidentali.
Fabio Modesti