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Cave, la sostenibile leggerezza del contributo ambientale

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In copertina, fronte di cava a San Marco in Lamis (Fg) – foto ©Fabio Modesti

di Fabio Modesti

È costituzionalmente legittimo che una Regione imponga alle aziende delle attività estrattive contributi ambientali finalizzati al «miglioramento complessivo che il territorio medesimo può ottenere da infrastrutture capaci di bilanciare le compromissioni subite. In tale ottica, il finanziamento, attraverso il contributo, dei lavori di completamento ed avvio dell’attività dell’aeroporto di Pontecagnano risulta non irragionevole, poiché può portare miglioramenti al territorio dell’intera Regione e determinare ricadute favorevoli, anche di natura socio-economica, per la collettività, generando esternalità positive ad ampio spettro». Lo afferma la Corte costituzionale in una sentenza appena pubblicata, su richiesta del Tribunale ordinario di Napoli, decima sezione civile,  in riferimento alla norma della Regione Campania contenuta nell’art. 17, comma 2., della legge regionale n. 15 del 2005 con cui si prevede che il contributo versato dalle imprese impegnate nell’attività di cava in Campania sia destinato al finanziamento «dei lavori di completamento ed avvio dell’attività dell’aeroporto di Pontecagnano – Salerno –». Non è invece costituzionalmente legittima sempre la medesima norma nella parte in cui destina quel contributo «anche al finanziamento delle attività di gestione societaria dell’aeroporto». Questo perché, spiega la Consulta, questa destinazione del contributo diventa «un prelievo continuativo nel tempo, del tutto slegato dalle finalità iniziali. La gestione societaria, infatti, è totalmente avulsa dalla logica indennitaria che giustifica il prelievo, in quanto essa costituisce una mera attività aziendale, svolta dalla società concessionaria dell’aeroporto, la quale risponde delle eventuali disfunzioni gestionali e deve assumersi in proprio il relativo rischio d’impresa. In sostanza, il sovvenzionamento dell’attività di gestione societaria dell’aeroporto non risponde alle doverose finalità ambientali sottese all’imposizione del contributo, poiché non è funzionale a soddisfare l’interesse primario di supportare la riqualificazione del territorio della Regione».

È invece legittima un’altra norma della Regione Campania, l’articolo 19 della legge regionale n. 1 del 2008, «che impone alle imprese del settore estrattivo un contributo destinato per il 50 per cento ad alimentare un “Fondo per la ecosostenibilità” e per il restante 50 per cento del contributo a finanziare una serie di spese riferibili all’attività estrattiva». Secondo i giudici costituzionali «non presenta aspetti di irragionevolezza né risulta discriminatoria la scelta del legislatore regionale, nell’esercizio della sua discrezionalità, di porre un contributo a carico delle imprese che svolgono attività estrattiva anche per il raggiungimento di obiettivi di salvaguardia dell’ambiente ampi, ma comunque meritevoli di considerazione. Non si ravvisano profili di illegittimità costituzionale neppure avuto riguardo alla destinazione del restante 50 per cento del contributo, che è rivolto a finanziare spese riferibili all’attività estrattiva e che, diversamente da quanto prospettato dal rimettente, non risultano già sovvenzionate in base ad altre disposizioni regionali. Il contributo, infatti, è destinato a finanziare lavori di recupero ambientale diversi e ulteriori rispetto a quelli di cui all’art. 17 della legge reg. Campania n. 54 del 1985, che pone l’obbligo in capo all’impresa di eseguire “le opere per il recupero ambientale della zona nei modi previsti nel provvedimento di autorizzazione o concessione”. Tra tali lavori, a titolo di esempio, rientrano quelli per la ricomposizione ambientale delle “aree di cave abbandonate” […]».

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