Corriere del Mezzogiorno – Puglia del 05 aprile 2023 pag. 1
di Fabio Modesti
Fa impressione assistere alle continue fughe in avanti ed indietro sull’autonomia differenziata. Regioni contro, Regioni contro Stato, Stato che continua per la sua strada ad applicare il dettato costituzionale del Titolo V riformato nel 2001. Per ora, però, è utile fermarsi alle materie ed alle competenze relative alla tutela ambientale. La Costituzione, all’articolo 116, così come modificato nel 2001, stabilisce che “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”, materie di competenza esclusiva dello Stato, possano essere attribuite dallo Stato alle Regioni a Statuto ordinario. Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna avevano sottoscritto nel 2018 accordi preliminari per l’attuazione di quella disposizione costituzionale chiedendo competenze ambientali diversificate (rifiuti, difesa idrogeologica, aree protette). La Puglia, a ruota, aveva, tramite il suo Presidente Michele Emiliano, dichiarato di voler procedere ad un accordo per ottenere alcune competenze in determinate materie. Ma il governatore ha cambiato idea. Il nodo starebbe nella mancata previsione, nel disegno di legge messo a punto dal governo attuale, di un fondo perequativo che consenta di colmare i divari tra le Regioni più ricche (e più e meglio organizzate) del nord e quelle del sud. Ma siamo certi che basti trasferire risorse econonomiche per poter gestire al meglio funzioni così rilevanti? I precedenti non sono brillanti, almeno per la Puglia. Quando nell’ultimo scorcio del ‘900 con le “leggi Bassanini” si cercò di semplificare (ancora una volta) procedimenti e di delegare funzioni alle Regioni e da queste agli enti locali, con relativi trasferimenti di fondi, le politiche ambientali non ne hanno di certo giovato. Anzi. Funzioni delicate con le quali attuare anche disposizioni dell’UE, come le procedure di valutazioni ambientali che hanno un peso specifico rilevante nell’approvazione di progetti di investimento, sono state trasferite agli enti locali senza che questi avessero (ed abbiano ancora oggi) figure professionali ed organizzazione per farvi fronte. La medesima considerazione va fatta per le politiche di tutela degli ecosistemi di diretta derivazione europea. Come sarà possibile far fronte ad eventuali ulteriori competenze da “autonomia differenziata”? E, peraltro, come sarà possibile determinare i Livelli Essenziali di Prestazione (LEP) per queste materie? Un esimio componente pugliese della commissione ministeriale che li dovrà mettere a punto, interpellato da chi scrive, ha candidamente ed onestamente detto che non se ne ha la minima idea.