Corriere del Mezzogiorno – Puglia del 31 agosto 2022, pp. 1, 6
di Fabio Modesti
L’ipocrisia regna sovrana. È l’ipocrisia che non fa vedere come la questione energetica sia di lungo corso e che l’attuale situazione allarmante ma non catastrofica, derivi da scelte compiute nel tempo a livello europeo, nazionale e locale. Quando il Partito Radicale lanciò la campagna referendaria sul nucleare non fu per dire un “no” aprioristico all’uso di quella fonte energetica. Fu il tentativo, più volte sottolineato da Pannella, di costringere Governo e Parlamento a scrivere un piano energetico nazionale che ancora oggi manca e che mettesse insieme fonti diversificate per il nostro Paese. Da allora la dipendenza dell’Italia da fonti energetiche esogene è aumentata e dall’olio combustibile si è trasferita sempre più al gas metano proveniente da molti Paesi tra cui per il 40% dalla Russia. Ma la Puglia, dove pure doveva essere realizzata una centrale nucleare poi mai costruita, ha scelto di produrre energia con centrali ad olio combustibile e carbone per il doppio dei propri consumi. E ancora oggi è così e la riconversione della centrale di Brindisi sud appare più lontana. Quelle scelte furono bipartisan con gli ambientalisti ininfluenti. Poi è arrivato il miraggio delle fonti rinnovabili e giù a facilitare l’installazione di torri eoliche e di specchi fotovoltaici nelle campagne, sui crinali, in aree paesaggisticamente e naturalisticamente molto sensibili. Da quelle installazioni non un megawatt ha sostituito uno prodotto da fonti fossili ed in più, essendo le rinnovabili intermittenti e non programmabili, ai picchi di domanda energetica ed a loro inoperosità totale o parziale, vai di spinta con gas e carbone (la Germania con i Verdi al governo in questo è la dimostrazione dell’ipocrisia sulle rinnovabili). Poi è arrivato il referendum sul blocco delle estrazioni di gas e petrolio in mare. Fallito perché il quorum non fu raggiunto ma la Puglia anche in questo ha fatto da capo popolo degli ipocriti. Molti Sindaci di città costiere si vestirono da Masaniello schierandosi contro le trivellazioni mentre a terra, in una sorta di “nemesi tellurica”, nei territori da loro governati accadeva di tutto e di più: speculazioni edilizie per un turismo mordi e fuggi sempre più bisognoso di energia elettrica per climatizzatori e frigoriferi, resort di lusso nei trulletti, dune spianate e vegetazione costiera azzerata, concerti sugli arenili liberi facendo tabula rasa di tutti gli elementi naturali. Per non parlare dei NO-TAP scomparsi dall’orizzonte ora che quel tubo invisibile e che non ha sconvolto alcunché è un’ancora di salvezza per farci continuare a vivere decentemente. Forse è ora che quegli amministratori vengano chiamati a rendersi conto che l’ipotesi di dover riaprire le trivellazioni in mare con i pozzi già esistenti forse non è più rinviabile con tutte le mitigazioni e compensazioni del caso e che, allo stesso tempo, la tutela ambientale deve essere prioritaria conservando i territori e gestendoli per non perdere la propria autenticità che è il contrario dell’ipocrisia.