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Piano casa in Puglia, non conoscere per deliberare

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Il bell’edificio della cereria Introna nel quartiere San Pasquale di Bari, testimonianza delle attività produttive extra moenia di inizio ‘900 a Bari (foto Fabio Modesti)

Continua il viaggio nell’urbanistica à la carte in Puglia. Il monitoraggio sull’attuazione della legge regionale sul Piano casa non c’è. I Comuni, pur obbligati a fornire specifici rapporti alla Regione, sono inadempienti. Meno del 10% di essi lo fanno. Il caso del Comune di Bari i cui dati, in una proiezione regionale, dovrebbero portare a fare un severo tagliando alla legge.


La domanda è: come si fa a legiferare sul medesimo argomento senza sapere che cosa ha determinato quel che è stato legiferato in precedenza? In altre parole, per il legislatore regionale pugliese è valido il principio enunciato da Luigi Einaudi “conoscere per deliberare”? A seguire le sorti delle norme sul famigerato Piano casa, sembrerebbe di no. Prendiamo ad esempio il comma 6-quater dell’articolo 5 della legge pugliese n. 14/2009 sul Piano casa. Nelle sue numerose modifiche, quasi tutte peggiorative, una, apportata nel 2011, sembra rilevante perché il legislatore possa seguire l’applicazione delle norme ed eventualmente adottare correttivi. Si tratta dell’obbligo per i Comuni di trasmettere annualmente alla Regione un rapporto, appunto, sull’attuazione della legge.

I Comuni reticenti

Non un rapporto qualsiasi, intendiamoci, ma contenente «dati analitici e valutazioni, in particolare, sull’impatto delle presenti norme sulla strumentazione urbanistica vigente e sulla qualità insediativa, con specifico riguardo alla dotazione di servizi e spazi verdi, alla tutela del patrimonio architettonico e dei paesaggi di qualità, al miglioramento delle condizioni di sicurezza, efficienza energetica, risparmio delle risorse, accessibilità e sostenibilità del patrimonio edilizio esistente». Ne consegue la seconda domanda: quanti Comuni hanno rispettato l’impegno di legge? La risposta è meno del 10% dei 257. Un numero talmente esiguo che vien difficile immaginare come si sia potuto continuare a prorogare e peggiorare quelle norme “straordinarie e urgenti”. Tra i Comuni che, però solo di recente, hanno elaborato il rapporto c’è il capoluogo di Regione. Nel 2019 una determinazione del dirigente della Ripartizione urbanistica del Comune di Bari fotografa la situazione. E sono numeri di una certa entità.

foto Fabio Modesti

Il caso di Bari

Il rapporto sottolinea come «le analisi condotte dall’ufficio hanno infatti evidenziato che il fenomeno di trasformazione “in deroga” ha conosciuto una rapida accelerazione nel triennio 2017-2019 come conseguenza delle modifiche normative introdotte a fine 2015». E queste modificazioni in deroga agli strumenti urbanistici sono state esiziali per l’esplosione di interventi residenziali, ad esempio, in aree tipizzate come produttive e in quelle a verde urbano ed a servizi per la residenza. Certo la legge consente ai Comuni di adottare regolamentazioni anche più restrittive ed il Comune di Bari in parte lo ha fatto. Ma questo non è servito, a titolo indicativo, a salvare l’edificio liberty di Villa Vera nel quartiere San Pasquale perché il Comune guidato da Antonio Decaro non ha assicurato, come chiedono INU Puglia ed altre associazioni, la salvaguardia di edifici non tutelati realizzati prima del 1954. I dati del Comune di Bari, dicevamo. Dal 2009 il Piano casa ha “scaricato” sul territorio comunale (tra interventi di demolizione e ricostruzione e di ampliamento, realizzati ed in fase istruttoria) 1 milione e 575 mila metri cubi.

La damnatio memoriae

Il dato del quartiere San Pasquale (quello dov’è presente Villa Vera e dove sono presenti numerose testimonianze architettoniche risalenti nel tempo ma non vincolate) è emblematico: nel solo 2016, dopo le modifiche estensive (meglio, peggiorative) apportate nel 2015 alla legge – con demolizione e ricostruzione degli immobili esistenti, anche per fabbricati a destinazione d’uso non residenziale ed indipendentemente dalla destinazione urbanistica delle aree costituenti i sedimi -, sono stati proposti ed in parte realizzati interventi di demolizione e ricostruzione per quasi 141.000 metri cubi. Il quartiere ­extra moenia, quello delle attività produttive dei primi del ‘900, ha provato e prova sulla sua pelle tutt’altro che una rigenerazione urbana e minore consumo di suolo. L’ultima domanda è: se per Bari questi sono i dati, che cosa mai si sta verificando negli altri Comuni della Puglia con l’applicazione di una legge che ha perso il suo spirito iniziale per divenire strumento di ulteriore aggressione al territorio, di negazione della pianificazione urbanistica e di cancellazione della memoria?

Fabio Modesti

Questo articolo ha 2 commenti

  1. Nicola Amenduni

    Quale rigenerazione! Dall’inizio il Piano Casa, partorito da Ybris Berlusconiana, risponde al principio della cancerogenesi: espansione purchessia.
    La Rigenerazione, quella vera, risponde al principio di Apoptosi
    Invece.
    Quanto ai Comuni, figurarsi quanti siano i Sindaci che nel governare “non guardino alle prossime elezioni”
    Nicola Amenduni

    1. Fabio Modesti

      Caro Nicola, volevo solo ricordarti che la norma pugliese è nata con una maggioranza di centro-sinistra, modificata in pejus sempre da maggioranze di centro-sinistra, certo senza opposizione…

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