Una serie di percorsi in quella regione, l’avampaese, appunto, «poco o per nulla piegata, in direzione della quale è diretta la spinta orogenetica. È la porzione di crosta continentale non ancora interessata dai movimenti tettonici; verso l’avampaese migrano tutte le pieghe e le falde della catena montuosa». L’avampaese apulo è costituito da Gargano e Murge ma comprende sicuramente anche le Serre salentine e le gravine dell’arco jonico. Forzando la mano, anche i Monti Dauni, a cui è dedicato questo primo itinerario, in quanto sottosistema dell’Appennino centrale (la Repubblica – Bari 26 giugno 2020)
’è una parte di Puglia, quel che si dice “l’osso” della regione, che esercita un forte richiamo per la sua natura e per la sua storia. Cioè per il suo paesaggio. Si tratta dei Monti Dauni, l’appendice pugliese dell’appennino fino a qualche decennio fa indicata come Sub Appennino con una sorta di subalternità geografica che non rendeva ragione ad un territorio con forte identità culturale. In tempi di turismo domestico, di difficoltà di spostamenti lunghi, sia per ragioni economiche che sanitarie, i Monti Dauni offrono accoglienza, riposo e svago come pochi luoghi in Puglia. Ci soffermiamo sui Monti Dauni meridionali per proporre un itinerario mozzafiato – sicuramente non esaustivo e per questo non ce ne vogliano gli amici di queste parti – tra splendidi boschi, paesaggi e storia. E di storia queste terre ne hanno vista passare. Già l’essere cerniera tra il Sannio ed i popoli Apuli la dice lunga. I viaggiatori del grand tour fra XVII e XIX secolo si spingevano fin qui per raggiungere la Puglia adriatica e poi proseguire fino a Taranto e costa ionica. E per farlo bisognava passare il vallo di Bovino dopo aver superato l’Irpinia.
L’acqua ed i boschi
Il conte svizzero Carlo Ulisse De Salis Marschlins vi arrivò qualche mese prima della rivoluzione francese e così lo descrisse nel suo “Viaggio nel Regno di Napoli”: […] Questa vallata deve suscitare assolutamente l‘ammirazione di un cittadino svizzero, poiché vi ritrova, in miniatura, molta somiglianza con alcuni punti della sua patria. Da una parte si dispiegano fino alle alture estesi campi di grano, alternati qua e là da gruppi di alberi, interrotti di tratto in tratto da strati aspri e perpendicolari di rocce calcaree; dall’altra invece si distendono prati pastorizî, alternati con seminati di grano e di lino, finché la pendice non si vede coperta dalla ricca veste boschiva della grande foresta di Bovino […]». La vallata è attraversata dal fiume Cervaro che poco più a sud di Foggia alimenta lo splendido bosco igrofilo dell’Incoronata, ora parco naturale regionale, Zona Speciale di Conservazione (ZSC) ai sensi della Direttiva 92/43 CE “Habitat” in continuità con tutta la valle fluviale. Si comincia con i boschi di questa parte dei Monti Dauni, di straordinaria importanza ecologica perché sopravvissuti ai disboscamenti degli ultimi tre secoli. Il Cervaro, nome che evoca la presenza del grande erbivoro purtroppo oggi qui estinto, dà le sue acque al bosco di Aquara a sud di Orsara, 600 ettari di cerri e di roverelle con aceri e carpini. La strada statale 90 e la provinciale 123 per Orsara consentono di arrivarci.
Lì è possibile sentire e vedere, nelle zone con alberi più maturi, picchi, rampichini, i piccoli luì ed anche sparvieri ed allocchi. Spostandosi a sud, si arriva a Bovino, uno dei “Borghi più belli d’Italia” dove è possibile alloggiare in ottimi b&b e godere di ottima cucina tradizionale. Tenendo Bovino come baricentro dell’itinerario, ci si può spingere ancora a nord, dopo Orsara, arrivare a Faeto ed a Celle S. Vito, comunità di lingua provenzale. A Faeto , oltre ad acquistare l’ottimo prosciutto, ma attenzione a scegliere il produttore affidabile, ci si può inoltrare nel bosco comunale tra secolari faggi, tassi, cerri, farnie, pungitopi, agrifogli, trattenersi nell’albergo nel bosco (il Piann d’nij – piano delle noci), di nuovo nelle mani del Comune, frequentare il sentiero trekking in una delle sue zone più affascinanti e la via Traiana-Francigena che nell’antica locanda e nella chiesa di S. Vito ha punti di eccellenza storica. Sempre da Bovino, ci si può spostare verso sud ed arrivare in territorio di Accadia percorrendo le provinciali 129 e 9ter. Seguendo quest’ultima si giunge nelle spettacolari gole di Accadia. Lì il torrente Frugno, affluente del Carapelle, ha le sorgenti ed assieme ai movimenti della crosta terrestre ha modellato per millenni la roccia. Appaiono le bianche rupi calcaree ed ancora più giù, tra querceti di cerri e di roverelle ci si immerge nel paesaggio fatato di laghetti e cascatelle dove poter ascoltare i versi dell’ululone dal ventre giallo, anfibio a rischio di estinzione, e delle rane rosse.
Il trekking a Bosco Paduli
Qualche chilometro ad est di Accadia si arriva nel bosco Paduli per seguire un itinerario trekking ad anello lungo 9 km. con un dislivello di circa 600 metri fino a Monte Tre Titoli ed alle Murge di Centra. Fa da guida l’associazione VerdeMediterraneo di Bovino (cell. 338.1032656 – 346.5601364; email: mf.verdemediterraneo@libero.it) con in testa Michele Fabio Ferro. Il sentiero, ben segnalato e fruibile, è a 20 km dal casello di Candela sulla A14. Si parte dal rifugio-casone le Paduli (rifugio della transumanza a 750 m. s.l.m) e, dopo la piana delle querce secolari (con circa 30 esemplari giganti di cerri e roverelle e la più grande ha una circonferenza di 5,75 metri!), si arriva al fontanile della transumanza le Paduli dove è possibile ammirare il raro tritone italico. Da lì si sale attraverso il bosco fino alle rovine di un’antica neviera oltre la quale ci si trova sul crinale di Monte Tre Titoli, famoso per i suoi pascoli sommitali (a 1.030 m. s.l.m.), da dove si può godere un panorama unico che abbraccia Gargano, golfo di Manfredonia, Alta Murgia, Vulture, Appennino campano, Appennino dauno. La discesa attraversa praterie cespugliate con altri fontanili e vacche podoliche al pascolo, fino a lambire la frazione di Agata delle Noci; dopo poche centinaia di metri si raggiunge l’emergenza geologica di Murge di Centra che custodiscono le rovine del castrum medievale di Acquatorta distrutto dal terremoto del 1456.
Fabio Modesti