L’etica della cattura con le reti per ricerca scientifica

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da “A view from the bridge – Blog di www.nature.com” – 16 ottobre 2015 – di Barbara Kiser

L’etica della cattura con le reti per ricerca scientifica

Il fotografo e birdwatcher Todd Forsgren intervistato sul metodo di cattura degli uccelli selvatici per inanellamento e per misurazioni che arricchiscono la conoscenza scientifica finalizzata alla loro protezione.

 
 
 

Molti ornitologi usano reti per catturare brevemente gli uccelli per raccogliere dati chiave o inanellarli prima del rilascio. Il fotografo e birdwatcher Todd Forsgren ha trascorso anni di lavoro con i ricercatori per catturare con le immagini quei momenti, ora raccolti in “Ornithological Photographs” (Daylight Books ed.). Parla dell’etica dell’uso delle reti di cattura, della sfida nel fotografare i colibrì e dei prossimi progetti come fotografare l’impegno per salvare specie a rischio di estinzione.

Pensi che l’uso delle reti di cattura sia etico?
Tordo usignolo testanera (Catharus mexicanus).
Foto: TODD FORSGREN
Lo penso. Nel momento in cui gli uccelli vengono intrappolati nella rete sembra pericoloso, ma è un contributo importante per la raccolta di dati incredibilmente preziosi per la conservazione. Ad alcune persone non piace come pratica, tuttavia vi è una bassa incidenza di mortalità. A mio parere l’uso delle reti è giustificato, tanto più che una recente ricerca suggerisce che gli episodi di lesioni sono piuttosto bassi a causa della vigilanza e della rigorosa formazione degli inanellatori. Sono esponenzialmente maggiori i danni provocati ogni anno da gatti negli spazi aperti o dagli uffici con le loro luci lasciate accese per tutta la notte durante le migrazioni ed ancora dal cambiamento climatico (per esempio, i dati del programma di monitoraggio North American Monitoring Avian Productivity and Survivorship – MAPS -, suggerisce che le popolazioni di uccelli nel loro complesso sono in declino, in media, dell’1,77 % l’anno). Sono molto orgoglioso di dire che ogni uccello ho fotografato è stato rilasciato dagli ornitologi con il codice “300”, cioè che è volato via senza alcun danno apparente. Al contrario, John James Audubon e altri primi pittori ornitologici avrebbero sparato agli uccelli per catturarli per le loro opere.

Come fai a fare questi ‘ritratti’, e qual è il tuo preferito?

 

Fondamentalmente, creo molto rapidamente uno studio fotografico. Ho un panno bianco come sfondo che un assistente tiene dietro l’uccello e un flash con un softbox (accessorio riflettore/diffusore da applicare al flash, n.d.t.) su di esso per creare il giusto tipo di effetti di luce e per “congelare” il movimento degli uccelli. Tutti gli uccelli che ho fotografato sono stati catturati nel corso di ricerche scientifiche ed ho sempre seguito il giudizio dello scienziato: se una specie è troppo sensibile o un esemplare è stato in rete per troppo tempo, non lo fotografo. La mia immagine preferita è quella di un tucano solforato (Ramphastos sulfuratus); è la più mostrata delle immagini, è così colorato e carismatico. L’ho fotografato durante un secondo viaggio in Costa Rica, il mio secondo e ultimo

John James Audubon
Colino della Virginia e Poiana spallerosse – Studio ad acquerello

giorno; non siamo mai riusciti a fotografarne uno durante il primo viaggio. Da giovane, ho visto per la prima volta un Mangiavermi (Helmitheros vermivorum), era così vivace ed è sempre stata una specie importante per me. I Colibrì sono molto frustranti da fotografare perché la profondità di campo è più o meno solo un pollice e loro spesso svolazzano in giro per un bel po’. Devi lavorare molto velocemente. Così, i tre colibrì che ho fotografato sono anche molto speciali.

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