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L’ingresso di Palazzo Dell’Aquila |
Bel reportage fotografico di Silvia Dipinto nel palazzo dell’Aquila, in piazza Garibaldi a Bari. Una testimonianza della lungimiranza urbanistica ed estetica del viceré Gioacchino Murat e della “resistenza” dimostrata dai discendenti di una delle famiglie dell’alta borghesia intellettuale barese contro lo scempio che assedia il capoluogo pugliese.
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Capannina con lume a gas |
Nell’antico lume a gas, dove due secoli fa brillava la fiammella, ha trovato spazio una rosa. È la primavera nel giardino che resiste al tempo e al cemento, forse l’ultimo superstite nel quartiere murattiano. L’angolo di verde che non t’aspetti si nasconde tra i palazzi che circondano piazza Garibaldi. Il tesoro di palme, glicine, arance e cycas è custodito tra la piazza e via Abate Gimma. “Viviamo qui dall’Ottocento, quando abbiamo acquistato il palazzo dal suo costruttore, il pretore napoletano Francesco Cammarano“, raccontano gli eredi della famiglia dell’Aquila, proprietari dello splendido edificio datato 1860. Il colonnato ottocentesco in stile dorico, i lumi con le manopole del gas, la maestosa scalinata, gli affreschi coi puttini e con i motivi floreali: tanto si è conservato dietro il massiccio portone grazie ai restauri e alla passione della famiglia, che ha ricostruito la storia del palazzo e del suo cortile spulciando tra gli archivi privati. E che ancora prova a dare risposte a un intrigante mistero, quello dell’esistenza del teatro Cammarano, che pare si trovasse all’interno del palazzo. “Quando fu costruito il nuovo borgo murattiano, la presenza del verde era obbligatoria – ricordano – Infatti la legge murattiana istituì, per ogni proprietà terriera, l’edificazione dei due terzi, mentre la restante parte doveva adibirsi a giardino“. Due secoli sono bastati a fare scomparire fiori e alberi sotto il peso delle case, innalzate ben oltre gli originari primi piani.
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Colonnato in stile dorico |