Quella lotta dura alle specie aliene

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(da la Repubblica – Bari del 23 novembre 2019)

 

La lotta dura alle specie aliene ed invasive animali e vegetali, dichiarata dalla Commissione UE attraverso il regolamento 1143 del 2014, si svolge anche sul territorio pugliese. Nei giorni scorsi la Commissione ha reso noti i progetti finanziati con il Programma LIFE Natura ed Ambiente 2018. Tra questi, quello che ha come capofila il Parco Nazionale del Gargano, guidato dal Presidente Pasquale Pazienza, e tra i partner il Parco Naturale Regionale delle dune costiere Torre Canne-Torre San Leonardo, il Dipartimento di Biologia dell’Università di Bari e due privati, la cooperativa sociale femminile foggiana Patto Consulting Impresa Sociale e la toscana NEMO s.r.l. Gli obiettivi del progetto sono rilevanti quanto ambiziosi: eradicare la popolazione di ratto nero dalle Isole Tremiti, eradicare le popolazioni di granchio blu e della pianta di senecio sudafricano dalle dune costiere, proteggere gli habitat steppici e forestali garganici contenendo la diffusione degli alberi di ailanto, sviluppare l’attenzione delle popolazioni sui danni che le specie aliene ed invasive possono provocare. Il ratto nero preda le uova di Berta maggiore – l’uccello il cui canto ricorda il lamento dei compagni dell’eroe mitico Diomede che avrebbe dato il nome al piccolo arcipelago pugliese – e di Berta minore. Interventi di questo tipo sono stati realizzati finora con successo nel Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano ma sui metodi di soppressione da utilizzare il dibattito scientifico è ancora molto aperto perché non devono interagire con il resto della catena alimentare ed ecologica. Il granchio blu, originario della parte atlantica del continente americano, è un onnivoro aggressivo in grado di predare la fauna autoctona in misura spropositata per i nostri ecosistemi marini e si tenterà di azzerarne la popolazione con speciali nasse-trappola sistemate nel territorio del Parco delle Dune costiere. Il senecio sudafricano è una pianta tossica di origine africana che sta soppiantando le specie autoctone soprattutto negli ecosistemi dunali e retrodunali, determinando in prospettiva un impoverimento ecologico.

Il progetto, che dovrà concludersi nel secondo semestre del 2024, ha un budget di oltre 1,4 milioni di Euro di cui circa 840 assicurati dal cofinanziamento UE.

L’efficacia di interventi di questo tipo, ossia con obiettivi di eradicazione di specie invasive alloctone animali e vegetali, è ancora oggi tutta da verificare. Per molti ecologi un approccio estremamente rigido rischia di infrangersi contro la loro capacità di adattamento e, nel caso di specie animali, contro una forte elusività che spinge a pensare di aver raggiunto il risultato senza che sia effettivamente così. Nel caso dell’ailanto, ad esempio, si tratta di una specie esotica che prospera in ogni dove e contro la quale qualsiasi campagna di eradicazione – che per ora non può che essere condotta con l’utilizzazione mirata e minimale di diserbante – segna risultati poco apprezzabili semplicemente perché la sua propagazione avviene con il vento che riesce a trasportare i semi a decine di chilometri di distanza. Un’attenta valutazione del rapporto costi-benefici in questo tipo di progetti è necessaria anche perché, forse, quel che va sviluppato è la capacità di gestire e contenere queste presenze più che dichiarare loro una guerra senza quartiere. Staremo a vedere.

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