Paolo Rumiz, il viaggio, la regina delle strade

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La Via Appia a Gravina in Puglia

Paolo Rumiz, il viaggio, la regina delle strade

Lo scrittore e viaggiatore triestino, a Gravina in Puglia per presentare il suo libro “Appia”, dedicato al cammino lungo la prima via consolare romana. Un’esperienza, a suo dire, politica e laica.

 
 
Ho incontrato Paolo Rumiz, classe 1947, a Gravina in Puglia ieri. Era lì per presentare il suo ultimo libro di viaggio dedicato alla via Appia antica. Si potrebbe dire un’esperienza quasi metafisica o metageografica, per la difficoltà di reperire segni e tracciati di quella che è stata la regina viarum del reticolo stradale romano; la strada che portava da Roma a Brindisi e che consentiva la globalizzazione di quei tempi nei commerci e nella cultura.

Insomma, per noi viaggiatori depressi, uno sforzo quasi disumano. Per Paolo Rumiz e per la sua compagnia pedestre, Riccardo Carnovalini, Alessandro Scillitani e Irene Zambon, sua attuale compagna di vita, tutt’altro. L’obiettivo era chiaro, la strada certa, la curiosità massima. Così è stato portato a termine un viaggio che Rumiz ama definire “atto politico” e “laico”. Il primo, perché ha attraversato territori di Comuni per buona parte commissariati a causa di infiltrazioni mafiose nell’amministrazione pubblica e nei quali la mano malavitosa si percepisce chiaramente. In questo caso, però, fino alla Campania; poi quasi per nulla. Il secondo, perché ha scelto di camminare la via Appia antica da Roma verso Brindisi, da Pietro verso Cesare. Una scelta precisa, insomma.
Rumiz ha raccontato il suo cammino sulla Appia antica nello splendido scenario della gravina di Gravina in Puglia, nel rione Fondo Vico, in compagnia di Alessandro Scillitani, regista del docufilm divenuto DVD in vendita anche assieme al libro.

Difficile dire le sensazioni che ha suscitato Rumiz durante il suo racconto. Sicuramente desiderio di emulazione ed ammirazione per la sua calma capacità di fare quel che vuol fare. Altrettanto sicuramente, suscita orgoglio sentir dire che questa parte dell’Italia, ed in particolare la Basilicata e la Puglia viste a piedi nel loro più profondo spazio interno, sono ancora la testimonianza che non tutto è perduto anche nel senso profondo di umanità della gente. Poi, ancora rapita impotenza nel seguire la sua lucida e pacata narrazione evocativa di immagini, suggestiva ed allo stesso tempo asciutta. Quasi come stesse scrivendo e disegnando allo stesso tempo.
Ci siamo parlati; gli ho proposto di firmare la prefazione ad un libro fotografico, ancora in fase di redazione, sul Parco Nazionale dell’Alta Murgia. Gli è sembrata una buona idea. Ma ha subito aggiunto che vorrebbe un po’ di tempo per pensare a se stesso ed ai suoi piccoli nipotini. “Sai – mi dice -, loro sono nell’età, 4-5 anni, in cui sento il dovere di lasciare un segno con la mia presenza. Eppoi, sento il dovere di pensare anche a me stesso, di stare un po’ da solo”. E come dargli torto. Arrivederci, Paolo, sulla via Appia ed oltre.

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